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La Repubblica
giovedì 1 settembre 2005 at 12:30


«Nessuno si illuda che l´ultima medaglia d´argento vinta alle Olimpiadi di Atene abbia risolto i problemi della pallacanestro italiana. Certo, ci ha regalato un po´ di notorietà e giovato sul piano dell´immagine. Ma il lavoro da compiere è ancora enorme. La scomparsa della Virtus Bologna di un anno fa e della Scavolini Pesaro di quest´estate dimostrano come federazione, Lega e tutto l´ambiente debbano essere più vigili». Questo il monito di Carlo Recalcati, ct dell´Italia in preparazione per i prossimi campionati europei, con il prestigio e la pressione che derivano proprio dall´argento olimpico da difendere.
Coach, la Sicilia avrà il prossimo anno avrà una formazione in A1, una in Legadue, tre in B1 e due in B2. La maggiore curiosità è indirizzata verso l´Orlandina, squadra della città più piccola che abbia mai partecipato al massimo campionato. Qual è la sua sensazione su quest´ingresso tanto inatteso ai massimi livelli?
«Il nostro movimento non può fondarsi soltanto su grandi città come Milano, Roma e Bologna. Realtà come quella di Capo d´Orlando fanno bene a tutto il basket italiano, dimostrano come nessun risultato sia precluso, quando si fanno le cose per bene. Di certo, la stagione di Capo d´Orlando sarà storica e trascinerà all´entusiasmo l´intera città. Però, la pressione crescerà di pari passo, perché sostenere confronti di questo livello ogni domenica è difficile. In più, c´è da considerare che l´ascesa di questa società e di questa piazza è stata vertiginosa e l´obiettivo dell´A1 è stato raggiunto in tempo ridotto. Dovranno essere bravi a reggere quest´onda d´urto. Comunque, sono davvero i benvenuti».
La scorsa stagione l´Orlandina ha conseguito la promozione schierando un quintetto formato da soli stranieri, utilizzando molti americani naturalizzati. E´ la strada che sta tentando di percorrere anche Trapani per il prossimo campionato: crede che sia necessario cambiare le regole?
«Innanzitutto, chi agisce all´interno delle regole va sempre rispettato: ognuno è libero di investire i propri soldi come meglio crede. Se poi dobbiamo dire che lo scarso utilizzo degli italiani causa il rallentamento della crescita di molti nostri giovani, non possiamo certo negarlo. Bisognerebbe incentivare economicamente le società che decidono di investire sugli italiani. Mi rendo conto, però, che trovare il sistema non è semplice».
La novità di Ribera, prima società a gestire una squadra femminile e una maschile ad alti livelli. Come valuta questa realtà?
«Da seguire con attenzione e simpatia. Una situazione assolutamente inedita. Mi ha colpito positivamente che abbiano affidato la squadra di B1 a un giovanissimo playmaker come Gergati, nato nel 1987. E´ un ragazzo che seguo personalmente, molto promettente: una scelta coraggiosa».
Oltre a Ribera, Patti e Ragusa saranno in B1, mentre Canicattì e Catania parteciperanno alla B2. Quale contributo possono fornire queste piazze, e più in genere questi campionati, al movimento?
«Il torneo più adatto a essere un vero serbatoio mi sembra la B2, mentre la B1 dovrebbe costituire un campionato di livello assoluto, in cui ogni società dovrebbe essere padrona delle scelte di composizione della squadra, senza vincoli. In queste due categorie non si riescono a mettere in atto riforme complete, rimangono un ibrido. Speriamo che i giovani validi sappiano farsi largo lo stesso».
f.t.

 

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