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Rassegna Stampa |
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La Repubblica - domenica 30 settembre 2007 at 11:00
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Bastano cinque minuti di fuoco ad Alan Anderson per far capire a tutti, in squadra e fuori, e pure al campionato, chi probabilmente comanderà, fra qualche mese, il plotone virtussino. Riemerso dopo un primo tempo impalpabile per abulia, il dominante terzo quarto dell´ultimo moro virtussino, in ordine d´arrivo, è la gemma più fulgida di una partita modesta, portata a casa con gli attributi di uno dei pochi superstiti, ‘Gui´ Giovannoni, e con qualche buona cosa di Di Bella. Ma tanto serve, alla Fortezza di oggi, per spremere i primi due punti dell´anno. Doveva essere difficile, contro Pozzecco, e poteva sembrare facile senza, quando Poz, a inizio partita, dopo uno struggente riscaldamento, terminato con la faccia quasi in lacrime nascosta dentro l´asciugamano, dava forfait. E´ stata invece ugualmente dura, troppo dura, oltrechè bruttarella da vedere, e non serve domandarsi, alla fine, che cosa sarebbe successo con Gianmarco in campo, o se l´Upea non avesse cacciato palle assurde a metà campo o se, in ultimo, Sacchetti avesse spolverato un po´ prima la zona, contro un quartetto già pronto a montare il circo. Piuttosto, meglio domandarsi cosa sarà, fra qualche tempo, la Virtus. Se una partita, specie una di queste, non fa primavera, qualche indicazione è arrivata. «Ad esempio, che non abbiamo giocato bene - ha risposto Sabatini -. Poi sono sempre due punti, anche se presi senza Pozzecco, e allora salvo almeno la voglia di cercarsi, anche nel finale. Ma avevo paura di perdere lo stesso, pure senza Poz. Perché oggi, con tutto il rispetto, il problema siamo ancora noi. Per adesso è importante lo spirito, e sottolineo Di Bella, che ci ha dato tanta energia». «Il gioco non è soddisfacente - gli ha fatto eco Pillastrini -, ma ci siamo sforzati: soprattutto di passarci la palla, la cosa che più mi soddisfa, da parte di un gruppo fatto più di tiratori che di passatori. Avevo messo in conto di poter perdere, lo stop di Poz indubbiamente ci ha aiutato, ma la pressione di pensare alla reazione della squadra in caso di sconfitta non la sentirò mai. Adesso va bene così. Tutti hanno aspettato che la partita desse opportunità, senza voler strafare. Anderson è l´esempio più evidente». E tanto, oggi, è già evidente, dal Garri invisibile e preso più a parlare che a giocare, all´Holland difficile da inquadrare. Che uno dei due, tra lui e AA, appaia di troppo, è presto per dirlo. Questo si vede, a oggi. Sorride comunque, alla fine, lo stato maggiore, e pure, sul lato panchina, mezzo albero genealogico dei Frascaroli, lo sponsor che ha esordito ieri, come La Fortezza, nel basket italiano. E si fa largo, nella linea patchwork della divisa nera, pure lo stemmino di Banca Intesa (gruppo San Paolo, come Carisbo), comparso sui pantaloncini: se sia disgelo, o semplicemente una maglia già pronta di stampa, prima delle sfuriate padronali, si saprà poi. Come il giallo delle radio, che dovrebbe sfociare sulle onde di Fashion Fm. Per lunghi tratti, ieri, la mediocrità ha preso piede. Non ha fatto molto la Virtus, per elevarla, alternando momenti di fluidità ad inquietanti blackout. A proprio agio nei primi secondi dell´azione, quando può trovare i suoi giochi e i suoi punti di riferimento, come un ottimo Chiacig, i problemi sono arrivati a giochi spezzati. Così si spiega l´inizio: 3/5 per aprire, 2/8 e 4 perse per chiudere. Capo d´Orlando aveva costruito lì il suo primo vantaggio, un 14-8 fatto di Wojcik, Wallace e rimbalzi d´attacco (7). La Fortezza si rianimava con Giovannoni, fin lì ignorato, ribaltando un´inerzia che i neri, oggi, non possono tenere. Fabi e Slay rimontano, ma il peggio arriva a inizio ripresa, con la Virtus massacrata di pick´n´roll: doppio Wallace, poi Wojcik, 49-45 Upea. Qui esplode Anderson, bontà sua, e la Virtus tiene, sempre avanti, col solito yo-yo. Scherza troppo, alla fine, sul +10, quando s´inceppa contro la zona. La Pierrel è vicina, a 15´´, con una schiacciata di Wallace: 84-86. Dalla lunetta chiude Spencer. Due punti e ringraziare, questo basta oggi, con un buffetto in più per Alan Anderson, la cui faccia da bullo, specie dopo linee di fondo o triple impiccate, non lo aiuterà in popolarità. Ma il talento è tutto lì. Da vedere e conservare. |
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