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Rassegna Stampa |
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Il Messaggero Veneto - giovedì 25 ottobre 2007 at 09:59
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La mosca atomica, al secolo Gianmarco Pozzecco, ha una voglia matta. «Qui a Capo d’Orlando sono tornato bimbo e ho voglia di giocare a pallacanestro», dice a 35 anni compiuti il 15 settembre scorso. Precampionato alla grande, poi un malaugurato infortunio a una caviglia nell’ultimo torneo prima del via alla serie A 2007 - ’08 e l’Italia deve ancora rivedere sul parquet il suo figliol prodigo, rimpatriato dopo un biennio in Russia e fuori dalla mischia nella nostra lega dall’aprile 2005. Domenica, con la Snaidero di scena al palaFantozzi, il Poz punta a esserci nella Pierrel: «Torno e per giocare». Gianmarco, cosa ti ha tenuto fuori? «Un infortunio strano. Pensavo fosse niente, invece sono fermo da quattro settimane. Ieri (martedì per chi legge, ndr) mi sono allenato per la prima volta di nuovo in gruppo. Per domenica sono abile e arruolato, a meno di ricadute». Che infortunio strano hai avuto? «A Reggio Calabria, su un pick and roll ho toccato un piede. Nel recuperare palla Fevola di Napoli mi è arrivato addosso alla caviglia destra. L’impatto è stato forte, i danni sono stati tanti. La gamba è andata in iperestensione, credevo di cavarmela con fisioterapia ai legamenti. Invece ho avuto una tendinopatia. Ho provato ad allenarmi, ma ho saltato il debutto». Sei apparso solo in panchina al via. «Volevo giocare. In estate avevo quasi firmato per Bologna. Poi ho avuto un messaggio anonimo, un input. Mi si è accesa la lampadina. Mi sono visto in giro per l’Italia con la maglia Virtus. È stata di grandi giocatori quali Richardson e Danilovic, ma non mi appartiene. Ho giocato nella Fortitudo, mi pareva un tradimento. Così ho fatto un’altra scelta». Sei approdato a Capo d’Orlando. «Che mi ha ripagato. Per questo avrei voluto giocare la prima gara e pure l’ultima a Roma contro la Lottomatica. Perché coach Repesa mi ha messo fuori squadra due anni e mezzo fa alla Fortitudo? Ha pure vinto lo scudetto. No, è che qui mi è tornata la voglia di giocare, sono tornato bimbo. Mi va di andare in campo a prescindere: in casa, fuori. Ho voglia di pallacanestro. All’esordio contro la Virtus c’era pure Sky, sarebbe stata la mia prima con Capo d’Orlando. Da quand’ero bimbo a Udine non ho cambiato tanto: Livorno, Varese, Bologna; Capo d’Orlando è la mia quinta squadra. Sento il fatto di giocare con un’altra maglia». Domenica, ritroverai Udine dove hai mosso i primi passi. «Nessuno è bastardo come me: nato a Gorizia, vissuto a Trieste e cresciuto nel basket a Udine. Dopo le prime leve nell’Inter 1904 di Tullio Mikol, la possibilità di giocare in A l’ho avuta grazie a Cividale e Udine. Provo riconoscenza, è un paradiso cestistico dove sto da Dio: non sento il campanilismo. Anzi, ricordo che al Lignanobasket con Terry Tyler, Zarotti e io nella Rex di A2 contro la Stefanel Trieste di A1 finirono tutti per tifare per noi. Cose di cui andare fieri, perché lo sport abbatte le barriere del mondo». Nessuna emozione, quindi? «Il problema è che con l’età in ogni gara riesco a trovare motivi. Comunque, sento di più i ritorni quando gioco a Udine, Bologna, Varese, Livorno». Lì c’è Orsini, uomo dello scambio con Livorno: è vero che ti ha portato a Capo? «Lo scambio con Udine portò bene a tutti e due. Ero un po’ scettico ad approdare qui, ma lui mi ha dato garanzie. Come andando a Mosca le ho avute da Recalcati o da Torres, Booker e Gorenc». Pancotto ti dà il bentornato in campo. «Gli fa onore. Quel che conta di più per me è tornare a giocare. Sono convinto da anni che i giocatori italiani vanno più salvaguardati, perché la gente si affeziona a loro. So per esperienza diretta che all’estero si gioca per soldi. Quand’ero a Mosca non m’interessava giocare in giro per la Russia come a Udine per fare bella figura davanti a Renato Fantini o Luciano Riccobono, che mi hanno voluto a Cividale, o all’amico Galluzzo». Domenica sarai solo nei dodici? «No, torno per giocare. Pur se la caviglia mi fa un po’ male e ci dovrò lavorare su. In precampionato stavo più che bene, qui è l’ideale per giocare a 35 anni». Uno più di Allen. «Mi farò dare del lei! Scherzo, lo ammiro in assoluto. È da quand’era all’Ulker che non ho mai visto un giocatore così veloce, specie in progressione. Poi, è migliorato, magari meno atletico, ma più forte: un leader. Domenica ha segnato 23 punti con 5/9 da tre? Un giocatore così sarebbe stato da Nba». Paura? «Molto rispetto, ma lo scherzetto possiamo farlo pure noi. In questo campionato puoi perdere, ma anche vincere con chiunque eccetto Siena». VALERIO MORELLI
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