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Rassegna Stampa

La Gazzetta del Sud - sabato 15 dicembre 2007 at 09:42

Probabilmente, come lui non li conosce nessuno. Con il primo – che considera alla stregua di un figlio un po' scavezzacollo – ha vinto uno storico scudetto a Varese e un incredibile argento olimpico in Nazionale appena un anno dopo averlo cacciato dal ritiro agli Europei; il secondo, «il miglior giocatore italiano in assoluto», dopo lo scudetto alla Fortitudo e dopo l'addio all'azzurro lo ha voluto a Siena per un'esperienza finita con una separazione (poco) consensuale. Insomma, nessuno come Charlie Recalcati può spiegare cosa significhi Gianmarco Pozzecco contro Carlton Myers, domani su questi schermi in Pierrel Capo d'Orlando-Scavolini Pesaro.
«Beh, Poz e Carlton sono i due veri personaggi della pallacanestro italiana. E il nostro movimento – è l'analisi del ct della Nazionale – soffre anche la mancanza di personaggi: per esserlo bisogna avere delle qualità universali, accendere la fantasia al di là di quello che si fa sul campo e suscitare l'interesse anche dei non addetti ai lavori. Oggi? Bargnani non lo è per un fatto caratteriale, potrà esserlo Gallinari ma in maniera diversa: quando mi invitano a convention industriali o commerciali e si finisce a parlare mi chiedono sempre di Pozzecco, Myers e Meneghin. In più, non dimentichiamo che continuano a far bene».
– Ecco, appunto. Poz sostiene che il fatto che lui e Myers giochino ancora a questi livelli significa che il campionato è più debole rispetto a qualche anno fa. Lei pensava che potessero avere un simile impatto?
«No, non lo pensavo e non so se essere contento o preoccupato, perché è vero che loro hanno una classe superiore alla norma, ma certamente anche il campionato è meno forte di prima».
– Lei è particolarmente legato a Gianmarco. Come giudica la sua decisione di scegliere Capo d'Orlando per il ritorno in Italia dopo due anni in Russia?
«Conosco Poz: fa le cose che sente, non c'è dietro una logica. Ne abbiamo parlato, non voleva tornare a Varese per non "guastare" il ricordo di quegli anni e si è fatto guidare dall'istinto».
– Cosa è invece per lei Myers?
«Carlton è stato il miglior giocatore italiano in assoluto. Dino Meneghin è il "mito" anche perché ha vinto tanto, mentre lui per la grandezza del giocatore avrebbe meritato di vincere di più. Nel pieno della sua carriera era completissimo: si pensa sempre a lui come a un realizzatore, alla Fortitudo però tirava anche solo cinque-sei volte a partita, ma la sua leadership si faceva sentire».
– Quanto affetto, nelle sue parole. Però ha avuto difficoltà a gestire entrambi: Pozzecco cacciato dalla Nazionale prima di Svezia 2003, Myers che lascia prima l'azzurro e poi la sua Siena tra le polemiche.
«Non è mai compito dell'allenatore gestire i singoli, ma il gruppo. In certe situazioni può capitare di trovarsi su due posizioni diverse e allora ognuno deve agire secondo il ruolo: l'allenatore, in particolare, deve fare una disamina di cosa sia nell'interesse della squadra, mettendo da parte l'affetto».
– Pozzecco dichiara praticamente ogni giorno che a fine stagione si ritirerà. Lo stesso potrebbe fare Myers, una volta compiuta la "missione" di riportare Pesaro tra le grandi.
«Per Gianmarco, non ci credo».
– Perché non gli crede in generale, forse?
(Ride) «Ecco, di solito no... È solo che non bisogna prendere per oro colato tutto quello che dice: aveva anche detto che sarebbe rimasto in Russia solo per una stagione. Sul momento è convinto, anzi la qualità da apprezzare più di tutte le altre in lui è proprio la sincerità, la spontaneità. Però è normale che possa cambiare idea. Quanto a Carlton, credo dipenda molto da come si sentirà fisicamente a fine stagione».
– Domani al "PalaFantozzi" non c'è solo Pozzecco contro Myers, ma anche Pierrel contro Scavolini. Che impressione le hanno fatto sinora le due squadre?
«Direi che sono lo specchio dei rispettivi allenatori: Pesaro è più pragmatica, Capo d'Orlando in un certo senso più libera, chiaramente in funzione dei giocatori che ha, ma anche di Sacchetti. È positivo, perché dimostrano che non esiste un solo modo per ottenere risultati. In ogni caso, si tratta di due realtà che stanno andando al di là delle aspettative. Delle mie, almeno».
Max Passalacqua

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