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Rassegna Stampa |
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Il Corriere di Bologna - mercoledì 2 aprile 2008 at 10:43
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Cosa ci fa Gianmarco Pozzecco la mattina presto ai Giardini Margherita? Un film. Niente scherzi, la troupe di RaiTre è in città per girare una puntata di Screensaver — in onda la domenica alle 9, il capitolo sul Poz è in palinsesto a fine mese — e al playground il pallone rimbalza fra le mani dell'ex play della Fortitudo. Che, curiosità, ha iniziato giocando a calcio, ma si dice non fosse così bravo. «Scarso io? Scarso in niente...». Ci si crede poco alle sue faccette, ancora meno quando sparisce giù dalla collina a recuperare una palla da rugby, mentre urla in dialetto triestino che «chi la lancia se la và anche a pigliare». Prima di salutare gli dicono che la Fortitudo vuol mollare il PalaDozza e costruirsi un suo palasport, «ma siamo matti? È il palazzo più bello d'Italia, tutti vogliono giocare lì, cambiare sarebbe assurdo», poi abbraccia le ragazzine e i giovani baskettari che hanno realizzato un cortometraggio sulla sua carriera, il conduttore bolognese Federico Taddia e il suo figliolo, «Sarai mica virtussino come papà?». Ciak e lo show divampa seduti sulla staccionata dei Giardini con la mimica e la risata del Poz arrossito rivendendo la sua stessa faccia agli esordi di carriera, «Ammazza quant'ero brutto». Non c'è battuta che non è in grado di gestire, solo qualche secondo d'adattamento a telecamere in movimento e microfono ambientale, la «giraffa». «Ma che è? Sembra che mi cada in testa». Screensaver piomba pesantemente sull'italiano bello e geniale del basket, capace di mantenere la popolarità anche dopo due temibili anni d'eclissi a Mosca. L'addio alla pallacanestro è vicino e la tv pure: dopo LA7 c'è RaiTre, nel futuro Sky, «a far cosa? Il commentatore sì, o il pagliaccio, dopo che m'hanno rifiutato al circo». Una vita a fumetti per il regista che s'è creato da solo. «Ero magrolino e sfigato, poi sono cresciuto restando un nano fra i giganti. La gavetta è cominciata negli oratori e ricreatori di Trieste. Però giocavo anche a calcio. Il basket è arrivato quasi per caso, sbagliando un tesseramento. Per fortuna. Se avessi giocato a calcio sarei finito da Muccioli. Agli inizi non ero simpaticissimo, altroché l'assist- man di oggi, non passavo mai la palla». Corteggiatissimo dalle donne, s'è inimicato quasi tutte le tifoserie d'Italia. «Ora, però, su ogni campo ricevo attestati di stima. Forse li ho inteneriti, forse non ho combinato solo casini come credevo, di sicuro sono sempre stato bizzarro. Tutti si ricordano di quando mi tinsi i capelli fucsia prima della finale scudetto a Varese: lo facevo per sentire la pressione della partita e per le ragazze... In quei casi se vinci sei un grande, se perdi un coglione. Mi vergogno delle tante cazzate che ho fatto, ma l'unico vero rimpianto è non essere andato a giocare nella Nba. Con gli allenatori ho spesso litigato, ho fatto cose ignobili, sono stato sbattuto fuori (Repesa e la Fortitudo se lo ricordono bene, ndr), ma ci siamo sempre riappacificati ». E il futuro? «Spendere tutti i soldi, finalmente in giacca e cravatta, con a fianco la fidanzata». La sua nuova casa a Formentera l'aspetta per la prima sbancata, la cravatta ce l'ha già addosso con tanto di nodo stretto on air da una giovane compaesana, le donne non gli sono mai mancate. E se se la ride, dentro il suo cartoon senza fine, c'ha pure ragione. Elisa Fiocchi
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