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Rassegna Stampa

La Gazzetta del Sud - sabato 10 maggio 2008 at 16:31

Il conto alla rovescia è iniziato. Non è la lettera d'addio, ma poco ci manca. Nel ventre del "PalaFantozzi", in una caldissima mattina di maggio, Gianmarco Pozzecco, uno dei simboli del basket italiano degli ultimi 15 anni, tra la solita ironia e una dose di emozione, ha "aperto" il suo cuore alla vigilia dei playoff. Che sono storici non solo per Capo d'Orlando e la provincia di Messina, ma anche per il 35enne playmaker triestino che giunge al passo conclusivo dopo una straordinaria carriera.
«Sono tre settimane che non gioco - dice Pozzecco - e mi sembra di essere stato tenuto in gabbia. Restare tanto tempo fermi prima dei playoff non è stato certamente il massimo. E le società, prima di prolungare lo stop, dovevano pensarci. Personalmente ho una enorme carica da sfogare e queste partite voglio giocarmele alla grande e non solo perché sono le ultime della mia carriera. Sono nervoso, spero al punto giusto, per poter chiudere questa avventura con un altro splendido risultato. La festa resterà nei ricordi solo se si conclude bene. O no?»
- In una stagione magica, hai anche sfiorato il premio di miglior giocatore del campionato, preceduto solo dal fenomeno Danilo Gallinari.
«Al premio ci tenevo abbastanza. Mi avrebbe fatto piacere condividerlo con l'ambiente, i miei compagni, la società e tutta Capo d'Orlando perché sarebbe stato un vero motivo d'orgoglio. E pensavo anche alla premiazione che sarebbe avvenuta al palasport, davanti ai nostri fantastici tifosi, prima di una partita dei playoff. Il riconoscimento di Mvp della stagione è andato a Gallinari, che è una stella, ma che magari - vista l'età - avrebbe potuto vincerlo in futuro altre 100 volte. Per me, invece, poteva essere considerato come un premio alla carriera. Invece sono arrivato ancora una volta secondo, come quando mi battè Manu Ginobili, per me uno dei cinque migliori giocatori del mondo. Certo, se otto mesi fa una maga mi avesse detto che sarei arrivato sul podio in questo prestigioso referendum, le avrei detto di cambiare mestiere...».
- Perché l'Orlandina è andata così bene?
«Per un motivo semplice: tutti i giocatori hanno capito che la cosa più importante era vincere. Come accadeva nel passato, quando le squadre erano composte da otto italiani e due americani. Adesso non è più così scontato, perché nei club ci sono tanti giocatori stranieri che pensano alle statistiche ed ai loro numeri. A Capo d'Orlando questo non è avvenuto. Nonostante la nostra composizione multietnica, con atleti provenienti da varie zone del pianeta, tutti sin dal primo giorno hanno pensato al bene della squadra, esaltando lo spirito di gruppo. Tutti a disposizione di tutti. Bellissimo. E i rapporti umani hanno finito per fare la differenza. Due giorni fa su una rivista specializzata mi sono commosso leggendo le parole di Howell che ha dichiarato che sarebbe stato pronto a seguirmi in qualsiasi posto, nel caso avessi deciso di continuare a giocare».
- Pozzecco e Sacchetti...
«Meo è stato una chiave fondamentale del successo. Mi ha dato una serenità incredibile e gli sarò sempre grato. Io sono un giocatore difficile da gestire, ma il basket lo vivo con la massima intensità. Lui mi ha perfettamente capito e mi è stato vicino in ogni frangente del torneo. Se in futuro diventerò il presidente della Federazione, oppure il general manager di una grande squadra, il primo allenatore che chiamerò sarà Sacchetti. E sono sicuro che se un giorno mi dovessi trovare in difficoltà, Meo sarà una persona sulla quale poter contare».
- Il tuo ritiro dall'attività, purtroppo, non è più in discussione...
«Ho già deciso e non torno indietro, anche se è una scelta sofferta. Se avessi giocato male, probabilmente ci avrei pensato prima di dire basta, perché avrei voluto farlo senza l'amaro in bocca. Ma dopo una stagione così esaltante, pure dal punto di vista personale, voglio essere coerente sino in fondo. Smetto con il bel ricordo umano e tecnico che ho lasciato ai tifosi di tutta Italia: non finirò mai di ringraziarli per l'accoglienza che mi hanno riservato. No, non potrei mai più tornare a Cantù dopo la splendida ovazione che mi hanno dedicato, così come non ce la farei a giocare da avversario a Capo d'Orlando».
- Il tuo futuro lontano dai parquet è già disegnato?
«Una carriera come la mia così bella e intensa non mi ha permesso di pensare a cosa farò da grande. Rimanere in questo mondo mi piacerebbe molto, magari dopo un anno sabbatico che servirebbe a rigenerarmi. Il contatto con Sky? L'idea di commentare le partite per la televisione satellitare mi interessa, mentre non mi vedo come allenatore o in un ruolo che mi imponga un impegno quotidiano. E poi c'è Capo d'Orlando, a cui mi sento legatissimo. Vedremo cosa potrà nascere».
- Siamo arrivati ai ringraziamenti...
«Spero di regalare un posto in Eurolega a questa gente per ripagarla dell'affetto con cui mi ha sorretto. E un grazie speciale ai miei padroni di casa: Basilio e Maria Mondello - assieme a Renato, Carmelo ed al mitico nonno Cono - mi hanno fatto sentire in famiglia. Per il resto, c'è tempo: è il momento di sognare ancora un po'».
Paolo Cuomo

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