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Comunicato Stampa |
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Il ricorso presentato al Tar - giovedì 16 ottobre 2008 at 18:47
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TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO – Roma RICORSO della Orlandina Basket s.r.l., con sede in Capo d’Orlando (ME), C.da Muscale n. 52, in persona del Presidente, Vincenzo Roberto Sindoni, rappresentata e difesa -come da mandato in calce al presente atto- dagli Avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, via Panama n. 58; contro -la Federazione Italiana Pallacanestro –F.I.P., in persona del legale rappresentate pro tempore, via Vitorchiano n. 113, Roma, fax. 06.36856552; -il Collegio arbitrale (costituito, presso la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport - C.O.N.I.- Presidente: Prof. Avv. Marcello Foschini; componenti: avv.ti Prof. Luigi Fumagalli, Prof. Maurizio Benincasa, Ciro Pellegrino, Aurelio Vessichelli), che ha emesso il lodo in data 6 ottobre 2008; -il Comitato Nazionale Olimpico Italiano –C.O.N.I., in persona del Presidente pro tempore; per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, anche mediante concessione di misure cautelari urgenti inaudita altera parte, della delibera del Consiglio Federale della Federazione Italiana Pallacanestro n. 184 del 20 settembre 2008 e degli atti a quello di cui sopra anteriore o conseguente e, comunque, coordinato e/o connesso; nonché del Lodo emesso in data 6 ottobre 2008 dal Collegio arbitrale, in composizione fissa, della Camera di Conciliazione Arbitrato per lo Sport presso il CONI; nonché degli ulteriori provvedimenti federali adottati a seguito della reiezione della domanda di arbitrato. FATTO 1. La società Orlandina Basket ha presentato nei termini fissati dalla delibera n. 290/2008 domanda di ammissione al campionato professionistico di serie A stagione 2008/2009, corredandola di tutta la prescritta documentazione. Non avendo la Commissione Tecnica (COMTEC) espresso rilievi sulla regolarità della posizione della società odierna ricorrente ed avendo la Lega società di Pallacanestro serie A inserito la stessa “nell’elenco delle società che hanno rispettato le condizioni previste dallo Statuto ed i regolamenti circa la permanenza e l’ammissione nella Lega stessa per l’anno sportivo 2008/2009”, il Consiglio Federale, nella riunione del 26 luglio 2008, ha deliberato la ammissione della Orlandina Basket al campionato di serie A stagione sportiva 2008/2009 (cfr. delibera n. 5 del 26 luglio 2008). La società ha, pertanto, proceduto alla integrazione del proprio organico nonché a porre in essere tutte le iniziative propedeutiche alla partecipazione al campionato. Sennonché, con nota del 13 agosto 2008, il responsabile della segreteria Tecnica, ha convocato per il 28 agosto successivo il legale rappresentante della società istante affinché fornisse documentati chiarimenti sulla situazione debitoria della società nei confronti dell’ENPALS, essendo emersi, da due comunicazioni dell’Ente previdenziale in data 5 e 6 agosto 2008, pretesi mancati versamenti “relativi al periodo ottobre 2001-maggio 2008” per un importo totale di euro 616.517,33 e euro 283.239,43. La società ha, dunque, fornito in occasione del programmato incontro i chiarimenti del caso, allegando la documentazione di supporto e dimostrando di essersi resa disponibile nei confronti dell’Enpals ad “estinguere il presunto residuo debito”, eventualmente derivante da interessi, somme aggiuntive o altro rispetto al versato. Dopodichè la società non ha ricevuto più alcuna comunicazione sino a quando, del tutto inaspettatamente, nel pomeriggio di sabato 20 settembre 2008, le è pervenuta via fax dalla Federazione copia di un telegramma inviato in pari data (ma recapitato soltanto il successivo 22 settembre) del seguente tenore testuale: “il Consiglio Federale, riunito in data 19 e 20 settembre 2008 ha deliberato di revocare la propria delibera n. 5 del 26 luglio 2008 C.U. n. 49 nella parte in cui ha ammesso la società Orlandina Basket srl al campionato professionistico 2008/2009 per tutte le motivazioni che seguiranno di cui alla presente delibera e per l’effetto revoca l’ammissione della società Orlandina basket srl al campionato di serie A 2008/2009”: motivazioni rese note soltanto alle ore 18.30 del 22 settembre 2008. Di talché, il giorno seguente (termine ultimo per la proposizione dell’impugnativa) la società ha proposto istanza di arbitrato dinanzi alla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo Sport avverso la delibera n. 184 di revoca dell’ammissione al campionato, chiedendo termine per meglio articolare le proprie difese e formulando istanze istruttorie. All’udienza del 26 settembre 2008, il Collegio arbitrale: · in accoglimento delle richieste della società, ha ordinato alla FIP la produzione delle “convocazioni del Consiglio federale del 19 e 20 settembre 2008 nonché delle verbalizzazioni intervenute sulla delibera n. 184”, assegnandole termine sino alle ore 11.00 del 29 settembre 2008; · ha autorizzato, nonostante l’opposizione di parte istante, la FIP a depositare la nota ENPALS del 25 settembre 2008 (poi, nel lodo ritenuta correttamente estranea alla materia del contendere); · ha assegnato ad entrambe le parti il termine del 30 settembre, ore 15.00, per la presentazione di memorie e fissato la nuova udienza all’1 ottobre 2008, ore 16.00. Il 1° ottobre si è svolta la discussione e le parti, per evidenti ragioni di urgenza, hanno autorizzato il Collegio ad emanare un lodo in forma succintamente motivata. Il 6 ottobre 2008 è stato reso noto il lodo, in questa sede gravato, di rigetto dell’istanza di arbitrato formulata dalla società Orlandina Basket. Avverso tale lodo e gli atti a questo presupposti si rivolge il presente ricorso fondato sui seguenti motivi di DIRITTO A. I VIZI RELATIVI ALLA DELIBERA DEL CONSIGLIO FEDERALE DEL 19/20 SETTEMBRE 2008. 1. Violazione e falsa applicazione dei principi generali vigenti in materia di funzionamento degli organi collegiali amministrativi. 1.1. La delibera consiliare indicata in epigrafe, con la quale è stata revocata ex abrupto la già disposta ammissione della società ricorrente al campionato di serie A, risulta affetta da un vizio di portata radicale, essendo stata emanata in difetto del preventivo inserimento all’ordine del giorno della questione oggetto di trattazione. A dispetto della straordinaria rilevanza di una decisione destinata ad incidere con effetti dirompenti sul sodalizio coinvolto e tale da modificare, in prossimità dell’avvio del campionato, l’organico delle squadre ammesse a parteciparvi (attuato attraverso una riduzione del format disposta non già in via regolamentare e, dunque, in virtù di una previsione generale ed astratta, ma in forza di un intervento provvedimentale ad personam), il caso che ci occupa è stato vagliato e definito senza che nessuno dei consiglieri convocati per la riunione del 19/20 settembre u.s., ne fosse stato ritualmente preavvertito. Il che ha ovviamente impedito che i componenti dell’organo collegiale presenti alla seduta potessero pronunciarsi sulla complessa problematica repentinamente sottoposta al loro esame con la necessaria cognizione di causa. L’illegittimità denunciata (tale da inficiare, di per se stessa, il regolare svolgimento del processo di formazione del deliberato costituente il punto di approdo del confronto dialettico tra gli aventi diritto al voto) è accentuata dal fatto che all’adunanza consiliare in parola si sono presentati soltanto undici consiglieri su di un totale di venti, uno dei quali ha “chiesto ed ottenuto” di non partecipare alla discussione ed alla votazione sulla questione Orlandina, oltre al Presidente! Ed è appena il caso di notare che, non essendovi stata partecipazione totalitaria ai lavori dell’organo, l’incompletezza dell’ordine del giorno conferisce autonoma valenza invalidante ad ogni assenza registrata nella circostanza. Il vizio qui dedotto è, poi, aggravato dall’altissima percentuale di assenze registratesi nella circostanza e dalle numerose dimissioni antecedenti e successive allo svolgimento della predetta adunanza, evidentemente riconducibili all’accaduto. Gli effetti distorsivi che ne sono derivati -ove pure ve ne fosse bisogno- sono eloquentemente attestati dalle dichiarazioni rese alla stampa da uno dei consiglieri dimissionari (Smiroldo), il quale ha affermato che, se reso adotto della trattazione dell’argomento, avrebbe presenziato alla riunione, differendo ad un momento successivo la dismissione della carica (cfr estratto in atti). 1.2. La produzione documentale effettuata dalla F.I.P. in adempimento dell’ordinanza emessa dal Collegio arbitrale in accoglimento della richiesta istruttoria formulata dalla scrivente difesa (cfr. il verbale in data 26 settembre u.s.) ha confermato per tabulas la fondatezza della censura. Dal telegramma di convocazione formato in vista dell’adunanza consiliare del 19/20 settembre 2008 si evince che esso non reca alcuna menzione dell’argomento in parola: neppure in termini di larghissima approssimazione, quanto meno con un generico riferimento all’esame (rectius: riesame) della posizione riguardante il sodalizio siciliano. Né -a ben vedere- sarebbe stato possibile il contrario, giacché tali convocazioni sono state diramate il 3 settembre 2008: allorquando la questione Orlandina formava ancora oggetto degli accertamenti istruttori preliminari disposti dalla COMTEC nell’ambito (si badi) del diverso percorso procedimentale attivato ai sensi dell’art. 29 R.E. (e finalizzato, quindi, alla mera applicazione di sanzioni amministrative: l’eventuale penalizzazione in classifica da scontare nel campionato 2008-2009). Il che è documentalmente comprovato dal verbale COMTEC del 15 settembre 2008, dal quale si desume che l’organo di consulenza tecnica ha maturato le proprie conclusioni (consistenti nella proposta di penalizzazione in classifica disattesa dal Consiglio Federale) sulla base di emergenze istruttorie acquisite in epoca successiva al 3 settembre 2008 (cfr. nota ENPALS del 12 settembre 2008). Sicché - quando pure potesse (per assurdo) prescindersi dal rilievo assorbente costituito dalla mancata indicazione dell’argomento all’ordine del giorno- certo è che nessuno dei consiglieri -salvo che non si voglia accreditare loro doti di preveggenza- poteva lontanamente immaginare che nella seduta in parola si sarebbe affrontato l’esame del caso e, men che mai, che si sarebbe potuta deliberare una eventuale revoca della già disposta ammissione della odierna ricorrente. Senza contare (ma la questione è forse irrilevante ai fini qui considerati, dato che in nessuna delle due versioni è rintracciabile il benché minimo riferimento al tema controverso) che sembrerebbero esistere due diversi testi dell’ordine del giorno di cui si discute: il primo attinto dal sito internet della Federazione, recante l’indicazione di dieci punti; ed il secondo (quello inviato ai consiglieri federali) articolato, invece, in undici voci. 1.3. Ma non basta: giacché la difesa della FIP, limitandosi a produrre il testo del telegramma di convocazione con l’indicazione dei relativi destinatari, non ha offerto alcuna prova dell’effettivo ricevimento dello stesso. Sicché resta addirittura il dubbio che parte delle convocazioni possa non essere andata a buon fine: anche perché il verbale della seduta non spiega le ragioni delle assenze verificatesi nella circostanza. 1.4. A tutto questo si aggiunga che dalla documentazione prodotta nel corso del procedimento arbitrale è emerso che, quanto meno dal 17 settembre 2008 (e, dunque, con due giorni di anticipo sulla data di svolgimento dell’adunanza consiliare) era ufficiosamente trapelato il proposito di sottoporre la questione che ci occupa all’esame del Consiglio. Ma questa intenzione non è mai stata debitamente formalizzata neppure mediante un’integrazione dell’ordine del giorno. Con la conseguenza che la sparuta schiera di consiglieri risultati presenti è giunta del tutto impreparata, in quanto -essendo mancato il tempo per mettere a loro disposizione con congruo anticipo la documentazione all’uopo necessaria (cfr. il verbale del 20 settembre 2008)- essi hanno potuto prenderne visione soltanto nel corso della riunione e sono stati, quindi, costretti ad esprimersi in tutta fretta su di una questione (estremamente complessa e delicata), della quale non sono sati posti in condizione di apprezzare compiutamente le implicazioni giuridiche. 2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e segg. della legge 7.8.1990, n. 241, con conseguente lesione delle garanzie partecipative. Come si è detto, la delibera gravata è stata assunta in via di autotutela, avendo il Consiglio Federale ritenuta viziata per errore nei presupposti l’originaria determinazione ammissiva, che avrebbe omesso di riscontrare l’esistenza di debiti scaduti nei confronti dell’ENPALS, ostativi alla disposta ammissione. Ciò sta a significare che l’atto impugnato costituisce l’epilogo di un procedimento di secondo grado, attivato al dichiarato scopo di addivenire (attraverso la rimozione del deliberato oggetto di revoca) al ripristino della legalità asseritamente violata. Non vi è, pertanto, dubbio che, nel momento in cui la F.I.P. ha ritenuto di imboccare questa strada (diretta, tra l’altro, verso un esito tutt’affatto diverso da quello prefigurato dalla Commissione Tecnica di controllo), avrebbe dovuto darne immediata comunicazione alla società interessata, rendendola edotta dell’avvio del procedimento di revoca nelle forme previste dagli artt. 7 e segg. della legge n. 241/1990: norme sicuramente applicabili alla fattispecie, in quanto -per pacifico insegnamento giurisprudenziale- le Federazioni sportive, allorquando deliberano in materia di ammissione ai campionati, spendono poteri di natura pubblicistica, soggetti -in quanto tali- alle regole dell’azione amministrativa. Tale adempimento, propedeutico all’esercizio delle facoltà di interlocuzione nelle quali si sostanzia il diritto di partecipazione al procedimento amministrativo, è stato invece totalmente pretermesso. Il che ha impedito alla società ricorrente di far valere le proprie ragioni di opposizione ad un percorso procedimentale attivato a sua insaputa, del quale ha potuto apprezzare la natura, i presupposti e l’esito soltanto a giochi fatti, quando il processo di formazione dell’atto, di cui essa era inconsapevole destinataria, si era ormai irrimediabilmente concluso! Né si dica che all’esponente sarebbe stato consentito di esercitare il diritto al contraddittorio nella fase di interlocuzione apertasi a seguito della richiesta di chiarimenti rivoltale della COMTEC, una volta che a quest’ultima era pervenuta la segnalazione ENPALS del 6 agosto 2008. Ciò in quanto la Commissione Tecnica ha assunto tale iniziativa nel contesto di una procedura di verifica tutt’affatto diversa, propedeutica all’accertamento della rispondenza di quanto dichiarato in sede di ammissione alla effettiva situazione debitoria della società: e, dunque, nella ben diversa prospettiva dell’eventuale applicazione di sanzioni amministrative, senza mai effettuare alcun riferimento né verbale, né tantomeno scritto, alla possibilità che la procedura potesse sfociare nella revoca della già disposta ammissione. Del che viene offerta inequivocabile conferma proprio dal parere conclusivamente formulato dall’organo consultivo (ma sul punto ci soffermeremo più estesamente infra). 3. Eccesso di potere per inesistenza dei presupposti normativi per l’intervento in autotutela. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 29 del Regolamento Esecutivo del settore professionistico. Si è già chiarito come, all’esito della procedura di ammissione al campionato professionistico di serie A. la Soc. Orlandina Basket sia stata iscritta, previo accertamento del possesso dei requisiti all’uopo prescritti (da parte della COMTEC), al campionato di competenza. E ciò è avvenuto senza che fossero formulati rilievi di sorta al riguardo sia dall’organo di consulenza tecnica (preposto alla verifica del corretto adempimento delle condizioni richieste dalla delibera n. 209/2008) sia dal Consiglio Federale, nonostante essi fossero stati informati sin dal 15 luglio 2008 (e, dunque, in un momento antecedente all’emanazione dell’originaria determinazione ammissiva) che la società odierna ricorrente non risultava “accorrentata con la contribuzione previdenziale da versare a questo Ente” (cfr. nota ENPALS del 15 luglio 2008, pervenuta in pari data alla Federazione). Pur in presenza di questa segnalazione, il Consiglio Federale - nella riunione tenutasi il 26 luglio successivo- ha ritenuto che tale pretesa situazione debitoria (rappresentatale, peraltro, in termini di assoluta genericità ed indeterminatezza) non integrasse una causa ostativa all’ammissione ed ha, pertanto, disposto l’iscrizione del sodalizio siciliano al campionato. E tanto ha fatto senza neppure avvertire il bisogno di sollecitare gli ulteriori chiarimenti, che pure l’ENPALS si era dichiarato pronto a fornire (cfr. nota ult. cit.). Avendo consapevolmente deliberato in tal senso, il Consiglio Federale functus est munere suo: ha, cioè, irretrattabilmente definito le sorti della domanda di ammissione sulla quale era chiamato a pronunciarsi, con conseguente esaurimento del potere di amministrazione attiva esercitabile in subiecta materia. Tale conclusione è avvalorata dal rilievo che la normativa federale (all’interno della quale sarebbe vana la ricerca di una disposizione che legittimi il ricorso alla potestà di autotutela nelle situazioni descritte) prevede, per le ipotesi in cui l’assenza dei requisiti economico-finanziari emerga ad ammissione già disposta, un’apposita regolamentazione sanzionatoria, consistente nella applicazione di misure punitive (penalizzazioni in classifica) da scontarsi nel campionato cui la società è stata ammessa (cfr. art. 29 del Regolamento Esecutivo F.I.P.). Si tratta, quindi, di un sistema sanzionatorio (destinato a prevalere in ragione della sua specialità), che dà per scontata la conservazione del livello di partecipazione agonistica ottenuto in forza del provvedimento ammissivo (che resta, dunque, intangibile). La ratio di questa regolamentazione è evidente: evitare che la rimozione in autotutela di ammissioni già deliberate possa compromettere il regolare avvio dei campionati, sovvertendone gli organici alla vigilia del loro inizio o, addirittura, in corso di stagione. Del resto, che l’unica strada praticabile per perseguire l’accertamento di eventuali infedeltà nelle dichiarazioni rese in sede di domanda di ammissione, acclarate in epoca successiva al suo accoglimento, fosse quella sopraindicata è confermato dalla posizione correttamente assunta dalla COMTEC, allorquando (cfr. verbale del 15 settembre 2008) essa è tornata ad occuparsi del caso Orlandina a seguito degli ulteriori ragguagli informativi fornitele dall’ENPALS con la nota del 12 settembre 2008, contenente l’aggiornamento della situazione contributiva della società. Trattandosi di risultanze istruttorie postume rispetto alla già disposta ammissione, la Commissione Tecnica non ha neppure ipotizzato che l’accertamento delle irregolarità oggetto di indagine potesse dare luogo ad un intervento in autotutela comportante la revoca del deliberato consiliare n. 5 del 26 luglio 2008. Ed ha, invece, ritenuto che la società fosse perseguibile ai sensi dell’art. 29 R.E. con l’applicazione di una sanzione amministrativa, sottoponendo al Consiglio una proposta in tal senso. Questa proposta si fondava su di un duplice presupposto giuridico: -a) l’inesistenza nell’ordinamento federale di una norma, che consenta di rimuovere il provvedimento di ammissione già deliberato, ove la pretesa ricorrenza di cause ostative venga acclarata solo successivamente; -b) la previsione di uno specifico apparato sanzionatorio (alternativo all’intervento in autotutela) applicabile nel caso considerato. Concludendo su questo punto, è significativo notare che lo stesso Consiglio Federale, nel disattendere la proposta dall’organo di consulenza tecnica, riconosce che in linea di principio per le società appartenenti al settore professionistico varrebbe il disposto dell’articolo 29 Regolamento Esecutivo (id est: della norma speciale). Ma ne esclude in concreto l’applicabilità al caso in esame nell’assunto che, per effetto della revoca dell’originaria determinazione ammissiva, l’Orlandina avrebbe perduto lo status di società professionistica. Sulla fallacia di questa curiosa argomentazione (costituente un inammissibile usteron proteron) torneremo più oltre. Qui basti osservare che, se il ragionamento viene sviluppato secondo la dovuta consecutio logico-temporale, dallo stesso deliberato consiliare si ricava la più eloquente dimostrazione della fondatezza della tesi sostenuta dalla COMTEC e dalla ricorrente. 4. Violazione e falsa applicazione, sotto molteplici profili, delle regole vigenti in tema di esercizio della potestà di autotutela. L’operato del Consiglio Federale resterebbe meritevole di censura anche se si dovesse ritenere (quod non) legittimamente spendibile, nella vicenda in esame, la potestà di autotutela. Ciò in quanto di tale potestà è stato fatto un uso contrastante, sotto svariati profili, con i principi che in astratto ne governano l’esercizio. E’ stata trasgredito, innanzi tutto, il principio del contrarius actus: giacché, nonostante la revoca del deliberato originariamente assunto abbia dato luogo ad una determinazione estromissiva, costituente ad ogni effetto un diniego di ammissione al campionato, su questo specifico punto la Commissione Tecnica non è stata posta in condizione di esprimersi, essendosi essa pronunciata -come si è visto- nell’ambito del diverso contesto procedimentale, preordinato all’accertamento di irregolarità perseguibili con l’applicazione di sanzioni amministrative. Così operando, la Federazione ha non soltanto violato la regola che le imponeva, in sede di (preteso) nuovo esercizio del potere, di coinvolgere l’organo consultivo che aveva concorso alla primitiva delibazione del caso; ma -quel che è più grave- ha addirittura preteso di attendere ad un’attività di rivalutazione del possesso di requisiti di ammissione al campionato (si badi bene: di carattere economico-finanziario) senza neppure consentire alla COMTEC di formulare una proposta orientata in questa prospettiva. La verità è che si è assistito ad un surreale dialogo tra sordi: nel senso che, mentre la Commissione Tecnica ha correttamente agito all’interno di un procedimento di verifica postuma della rispondenza delle dichiarazioni rese in sede di ammissione all’effettiva situazione debitoria della società (il cui esito non poteva in nessun caso rimettere in discussione la già disposta ammissione), il Consiglio Federale è andato in una direzione antitetica, partendo da una premessa esattamente opposta (e, cioè, che fosse suscettibile di riesame la domanda di ammissione già positivamente delibata e, dunque, passibile di rimozione in autotutela il provvedimento originariamente assunto). Il mancato coordinamento tra le due diverse iniziative ha dato luogo ad un vero e proprio corto circuito procedimentale, dal quale sono scaturite le incongruenze denunciate. Si noti, inoltre, che il provvedimento impugnato, incorrendo in un’ulteriore obliterazione delle regole vigenti in materia di autotutela, non ha speso alcuna parola di motivazione per illustrare le ragioni di interesse pubblico ritenute prevalenti rispetto alla tutela dell’affidamento ingenerato nel privato con l’emanazione della originaria determinazione ammissiva. A tale proposito va precisato che, per escludere un obbligo di adeguata motivazione sul punto, non vale opporre che la delibera di revoca sarebbe intervenuta prima dell’inizio del campionato: giacché l’affidamento, del quale si lamenta l’omessa valutazione, è ovviamente quello determinato dal provvedimento di iscrizione al campionato, nel presupposto del quale la società ha assunto tutti gli impegni contrattuali imposti dalla necessità di affrontare la competizione con il supporto di risorse tecniche, organizzative ed economico-finanziarie idonee allo scopo. La società, confidando nella partecipazione al campionato ha, infatti, provveduto alla contrattualizzazione di diciotto professionisti (tredici atleti, quattro tecnici ed un parasanitario), alla conferma dei contratti pluriennali in essere, alla stipula di contratti di sponsorizzazione, alla vendita di abbonamenti per la stagione sportiva 2008/20098, al tesseramento di circa duecento giovani, alla locazione degli impianti sportivi, al reperimento degli alloggi per i professionisti non residenti. 5. Violazione e falsa applicazione della corretta sequenza procedimentale eccesso di potere per comportamento illogico e contradditorio. La motivazione addotta dal Consiglio Federale per disattendere la proposta sanzionatoria formulata dalla Commissione Tecnica pone in luce, in maniera plastica, gli effetti perversi cui può condurre un dialogo tra interlocutori che parlino lingue reciprocamente incomprensibili. Dimentico (o forse ignaro) del fatto che la proposta sottoposta al suo esame nasceva da un procedimento promosso a tutt’altro fine (l’eventuale applicazione di sanzioni amministrative da irrogarsi nel presupposto della perdurante validità dell’ammissione al campionato di competenza), il Consiglio Federale ha dapprima disposto la revoca dell’ammissione e, sulla base di questa premessa, ha poi ritenuto inapplicabili le misure punitive proposte (penalizzazione in classifica da scontare nel prossimo campionato di serie A ed ammenda), trattandosi di sanzioni in tesi applicabili alle sole società appartenenti al settore professionistico! L’anomalia del ragionamento (basato su un’inammissibile inversione della corretta sequenza logico-temporale) sembra evidente. Poiché è doveroso presumere che le proposte formulate da un organo investito di funzioni consultive vengano esaminate prima che l’organo deliberante si sia pronunciato sull’affare oggetto di trattazione, l’assunto del Consiglio non ha alcun senso: giacché, allorquando esso ha vagliato la proposta della COMTEC, la revoca dell’ammissione non era ancora stata disposta. Sicché l’Orlandina Basket era a qual momento (tempus regit actum) ad ogni effetto una società professionistica, essendo essa stata privata del relativo titolo sportivo soltanto successivamente, all’esito della votazione che ha ratificato il deliberato consiliare. Tanto più ove si consideri che la revoca di un atto amministrativo (tale essendo la qualificazione attribuita al provvedimento oggetto del presente gravame) dispiega effetti ex nunc e non è quindi dotata di alcuna efficacia retroattiva. Senza dimenticare che l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 29 Regolamento Esecutivo avrebbe dovuto essere valutata anche alla stregua della regola del tempus commissi delicti: e sotto questo profilo non vi è dubbio che le vicende di cui si discute abbiano vista coinvolta l’esponente quale società appartenente al settore professionistico, autrice di una domanda di ammissione al campionato di serie A. Le considerazioni sopra svolte confermano -ove ancora ve ne fosse bisogno- che al diniego di ammissione della ricorrente (conseguente alla revoca della primitiva determinazione di segno opposto) si è giunti scavalcando a piè pari l’apporto consultivo della Commissione tecnica. In conclusione, il Consiglio Federale, lungi dal poter modificare -in costanza dello stesso- la natura e le finalità del procedimento rimesso dalla COMTEC alle sue determinazioni conclusive, una volta maturata la decisione di abbandonare la strada intrapresa e di seguire il percorso alternativo dell’intervento in autotutela, a tutto volere concedere avrebbe dovuto restituire gli atti all’organo tecnico di controllo, onde acquisirne una proposta coerente con il mutato scenario di riferimento. Il che non è, invece, avvenuto, con conseguenze a dir poco paradossali: perché, così operando, si è dato vita ad un ibrido generato dall’indebita commistione di segmenti procedimentali insuscettibili di reductio ad unum in ragione della loro assoluta eterogeneità. 6. Violazione e falsa applicazione dei principi vigenti in materia di funzionamento degli organi collegiali. Dal verbale prodotto dalla FIP in adempimento all’ordine di esibizione disposto dal Collegio arbitrale in occasione dell’udienza del 26 settembre 2008 è emerso un ulteriore e gravissimo vizio della delibera gravata, che risulta essere stata adottata in mancanza del prescritto quorum strutturale, previsto dal combinato disposto degli art. 31 e 32 dello Statuto federale. Quanto alla composizione dell’organo, prevede l’art. 31 che “il Consiglio federale è costituito dal Presidente e da venti Componenti con diritto di voto”, quanto al quorum strutturale, il successivo art. 32 stabilisce che “per le validità del Consiglio federale è necessaria la presenza della metà più uno dei consiglieri federali in carica”. Ciò significa che per potere validamente operare al Consiglio federale debbono partecipare la metà (dieci), più uno (undici), dei “consiglieri federali in carica”. Ebbene dalla lettura del verbale della riunione del 20 settembre 2008 si desume che hanno partecipato alla seduta, per la parte riguardante l’adozione della delibera relativa all’odierna istante, soltanto dieci consiglieri (oltre il Presidente, non annoverabile fra i consiglieri federali), non potendo computarsi ai fini del raggiungimento del quorum il consigliere Roberto Di Lorenzo, che “ha chiesto ed ottenuto di non partecipare in quanto ritiene essere un suo personale conflitto di interessi” (pag. 7 verbale). Né si dica che la non partecipazione di detto consigliere non rileverebbe ai fini della validità della riunione, essendo stata all’inizio della stessa verbalizzata la sua presenza: postoché la dichiarazione resa a verbale non lascia spazio a dubbi interpretativi, avendo l’interessato “chiesto ed ottenuto di non partecipare”, soluzione ben diversa rispetto alla mera astensione, alla quale conseguono differenti effetti. Per puro scrupolo difensivo, onde prevenire eventuali repliche al riguardo, si osserva che non sposta i termini della questione la circostanza che il dott. Smiroldo (altro consigliere dimissionario) avesse comunicato la propria intenzione di dimettersi, in quanto la presentazione delle dimissioni di un consigliere non comporta la automatica decadenza dello stesso dalla carica, prevista soltanto nelle ipotesti tassativamente individuate all’art. 26 dello Statuto FIP: con la conseguenza che detto consigliere va considerato ai fini del computo del prescritto quorum fra i componenti effettivi. 7. Eccesso di potere per errore nei presupposti difetto di istruttoria. Senza per questo accettare il contraddittorio sul merito della questione e con esclusivo riferimento ai soli atti formatisi prima dell’adozione del provvedimento di revoca (quelli successivi, sebbene ne era stata in un primo momento autorizzata la produzione nel giudizio arbitrale, sono poi stati dallo stesso Collegio ritenuti estranei alla materia del contendere) è, comunque, possibile formulare le seguenti osservazioni. Gli asseriti debiti scaduti che la società non avrebbe dichiarato né indicato nelle scritture contabili sono individuati, per la prima volta, dalla nota ENPALS del 13 settembre 2008: trattasi di n. 3 cartelle esattoriali, la prima asseritamente notificata alla società il 15 marzo 2006 di importo pari a euro 225.598,20 (contributi e somme aggiuntive periodo 10/2001-6/2003); la seconda asseritamente notificata 22 aprile 2006, di importo pari a 902,20 (contributi e somme aggiuntive periodo 10/2001-3/2004); la terza notificata il 22 gennaio 2008 di importo pari a 769.241,24 (contributi e somme aggiuntive periodo 10/2001-12/2006). Quanto alla prima cartella di pagamento, la società consapevolmente non la aveva indicata, ritenendo a ragione che essa non potesse costituire debito scaduto: del che ha fornito le necessarie precisazioni in sede di convocazione della COMTEC del 28 agosto 2008. Se è vero, infatti, che la società non ha impugnato detta cartella esattoriale è, però, altrettanto certo che essa ha impugnato l’atto di fermo amministrativo della SERIT relativo ai presunti debiti iscritti in cartella: e ciò ha fatto nel rilievo, ritenuto fondato dal giudice, della mancata notifica della cartella stessa. Il che porta a ritenere che il debito ivi iscritto non possa essere considerato scaduto, non potendo essere messo in esecuzione per omessa notifica della relativa cartella esattoriale. Né la circostanza può essere ritenuta ininfluente, come affermato nella delibera gravata, in quanto la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Messina si sarebbe pronunciata su un fermo amministrativo, relativo a “cartelle diverse” rispetto a quelle di cui discute, postoché risulta per tabulas dalla combinata lettura del ricorso (pag. 2) e della decisione giurisdizionale che una delle cartelle ed, esattamente, quella di importo pari a euro 225.589,20 costituiva oggetto del fermo amministrativo. Quanto alla seconda cartella quella di circa novecento euro la società scrivente nega che le sia stata mai notificata, né di ciò è stata fornita prova agli atti del procedimento (neanche di quello arbitrale): sicché, ignorandone l’esistenza l’Orlandina non poteva certamente iscrivere a bilancio o dichiarare la sussistenza del debito ivi iscritto, che comunque per la sua esiguità sarebbe inidoneo a modificare i parametri. L’ultima cartella, quella di importo maggiore, è stata, invece, notificata alla ricorrente nel febbraio 2008 e tempestivamente impugnata dinanzi al Giudice competente. La COMTEC, essendo pendente il giudizio, “ritiene allo stato di non poter entrare nel merito e quindi esprimere un giudizio fin quando non verrà emessa idonea sentenza dal giudice competente”, tuttavia, considerato che era stata rigettata la richiesta di sospensione, assume che il relativo debito andasse comunque iscritto a bilancio. Tali considerazioni sono state recepite dal Consiglio federale. Al riguardo si rileva che, trattandosi di cartella notificata nel febbraio 2008, l’iscrizione, peraltro, “a titolo di accantonamento prudenziale”, non avrebbe potuto che interessare il bilancio ancora da redigere: sicché la sua mancata indicazione non potrebbe allo stato concretare la violazione contestata. Né può sottacersi che, mancando chiare disposizioni al riguardo nella delibera n. 290/2008, la quale non fornisce alcun preciso criterio sulla base del quale individuare correttamente le poste da iscrivere nelle scritture contabili ai fini dell’ammissione al campionato, la COMTEC avrebbe quantomeno dovuto preavvertire la società della situazione, ponendola in condizione di sanare eventuali irregolarità, mediante finanziamenti infruttiferi dei soci. D’altra parte, ammesso e non concesso che tale posta costituisse debito scaduto, se la COMTEC e l’ENPALS, per quanto di rispettiva competenza, avessero tempestivamente rilevato la presunta irregolarità entro il 5 luglio 2008 (cfr. delibera n. 290), la odierna ricorrente avrebbe potuto regolarizzare la propria posizione nel termine all’uopo concesso del 15 luglio successivo. Il che non è invece avvenuto, con gravissimo pregiudizio per la società. Né si dica, come pure affermato nella delibera del Consiglio federale, che la COMTEC e l’organo deliberante siano immuni da responsabilità in proposito: giacché lo si ricorda l’ENPALS aveva segnalato, seppure genericamente, la sussistenza di asserite irregolarità in capo alla Orlandina il 15 luglio 2008 e dunque ben prima che il Consiglio federale disponesse la definitiva ammissione della società al campionato di competenza. Da ultimo, non può che mettersi in luce la buona fede della società, la quale, dopo avere riallineato nel febbraio 2008 la propria posizione contributiva ENPALS mediante versamento dell’importo di circa 85.000,00 euro, ha richiesto -per il tramite del proprio consulente del lavoro- all’ente previdenziale di effettuare una verifica di eventuali somme aggiuntive ed interessi di mora, onde procedere (sebbene a suo avviso non dovuto) alla totale estinzione del “residuo presunto debito”: e ciò all’evidente fine di versare in una situazione di assoluta regolarità contributiva (cfr. documentazione in atti). B. LE CENSURE DIRETTE AVVERSO LA PRONUNCIA RESA DAL COLLEGIO ARBITRALE 1. Eccesso di potere per erronea individuazione dei limiti del sindacato esercitabile. Violazione e falsa applicazione dei principi generali vigenti in materia di ricorsi in via amministrativa. Vanno confutate preliminarmente le argomentazioni svolte dal lodo sotto il paragrafo 2 della parte in diritto, laddove il Collegio arbitrale sì da carico di chiarire la natura e l’ampiezza della propria potestas iudicandi. Muovendo dalla premessa che la domanda di arbitrato è rimedio introduttivo di un’azione impugnatoria, assimilata dalla giurisprudenza amministrativa ad un ricorso in via amministrativa, con il quale viene adito l’organo di ultimo grado della giustizia sportiva (cfr., in tal senso, i numerosi precedenti della Sezione conformi all’indirizzo seguito dal Consiglio di Stato già a partire dal caso Cosenza Calcio), la scrivente difesa aveva sostenuto che la materia del contendere del procedimento arbitrale non consisteva nello stabilire, sulla scorta di un rinnovato esame del merito della vicenda, se la società istante fosse in possesso dei requisiti di ammissione al campionato sotto il profilo oggetto di contestazione (pretesa esistenza di debiti scaduti nei confronti dell’ENPALS); bensì di verificare se le inadempienze contributive asseritamente emerse, ad ammissione già deliberata, fossero perseguibili nei modi voluti dal Consiglio Federale: e, cioè, con un intervento in autotutela, caducatorio dell’originaria determinazione ammissiva. Detto altrimenti, occorreva accertare se il modello procedimentale seguito fosse legittimamente utilizzabile nella situazione descritta e, in ogni caso, se lo stesso risultasse correttamente applicato alla stregua delle regole proprie della tipologia di azione amministrativa prescelta. Come si vede, dunque, non si trattava di questioni relegabili -secondo quanto riduttivamente ritenuto dalla Federazione resistente- nello sterile alveo del puro formalismo giuridico; ma -al contrario- di questioni di rilevanza sostanziale, dalla (previa) soluzione delle quali dipendevano la spendibilità del potere concretamente esercitato e, in subordine, le regulae agendi che ne governano l’uso. Sicchè il tema, sul quale la controparte pretendeva di indirizzare preliminarmente il sindacato della Camera, lungi dal potere essere affrontato in via pregiudiziale, risultava - a ben vedere- addirittura estraneo alla materia del contendere introdotta con la domanda di arbitrato. In definitiva, quando pure - per assurdo- dovesse risultare che l’Orlandina Basket, nel momento in cui il Consiglio Federale ne ha deliberato l’ammissione al campionato, fosse gravata da debiti contributivi scaduti (e non dichiarati), la circostanza lascerebbe irrisolte le questioni poste dalla odierna ricorrente: consistenti nello stabilire, piuttosto, se la risposta repressiva della Federazione (attuata con il provvedimento di revoca della già disposta ammissione) sia stata procedimentalmente appropriata e, comunque, rispettosa delle regole cui è soggetta -per costante e risalente insegnamento giurisprudenziale- l’autotutela amministrativa. Se -come si confida- le censure formulate al riguardo troveranno favorevole scrutinio, ogni valutazione, conseguente all’eventuale accertamento della non rispondenza della situazione debitoria effettivamente esistente rispetto a quanto dichiarato in sede di ammissione al campionato, tornerà ad essere incanalata nell’unico modello procedimentale a ciò deputato: per tale dovendosi intendere quello correttamente indicato dalla COMTEC, avente quale ipotetico punto d’approdo la (sola) applicazione di sanzioni amministrative. Percorso quest’ultimo, che risultava, del resto, già in corso di svolgimento allorquando il Consiglio Federale ha arbitrariamente e repentinamente operato -all’insaputa dell’organo tecnico di controllo e della stessa società coinvolta- un inammissibile cambio di rotta, imboccando la strada di un intervento in autotutela: non soltanto non consentito dalla normativa federale (cfr., in tal senso, i precedenti di codesta Camera relativi al Basket Livorno), ma attuato - per giunta- in stridente violazione degli artt. 7 e segg. della legge n. 241/1990, del principio del contrarius actus, degli specifici obblighi di motivazione imposti dalla necessità di contemperare l’esigenza di ripristino della logicità asseritamente violata con la salvaguardia delle posizioni di affidamento ingenerate dall’atto revocando. Non vale a superare i rilievi sin qui esposti il richiamo all’art. 2.1. del Regolamento camerale (a mente del quale il Collegio avrebbe “competenza ad esaminare l’esistenza di ogni presupposto della delibera di revoca”): giacché -se è vero che la Camera è un organo amministrativo investito della funzione di decidere sul ricorso ad essa proposto dalla parte istante- è evidente che debba trovare applicazione il principio dispositivo. Con la conseguenza che il sindacato esercitabile deve restare necessariamente confinato nei limiti delle doglianze dedotte (tantum devolutum, quantum appellatur), senza potersi estendere -in virtù di una cognizione piena sui rapporti sottesi all’atto gravato- ad ogni aspetto della vicenda controversia. Non sposta i termini del discorso il fatto che l’odierna ricorrente, per doveroso scrupolo difensivo, abbia contestato anche la effettiva sussistenza delle inadempienze contributive poste a fondamento del provvedimento di autotutela. Ciò in quanto il vaglio di questa censura (attinente ai profili di merito) può essere affrontato soltanto dopo che sia stato completato lo scrutinio delle doglianze intese a far valere i vizi del procedimento, dall’accoglimento dei quali deriverebbe l’assorbimento della questione di carattere sostanziale (destinata ad eventuale riesame nella sola prospettiva di una riedizione dell’attività amministrativa). Fuorviato da questo errore di impostazione, il Collegio arbitrale ha seguito un ordo decidendi, che non sembra rispettare la corretta consecutio logico-giuridica, sovvertendo il percorso argomentativo suggerito dalla ricorrente. Per maggiore chiarezza espositiva ci atterremo a quest’ultimo nella disamina critica degli ulteriori passaggi in cui si articola la motivazione del lodo. 2. Violazione e falsa applicazione dei principi generali vigenti in materia di formazione della volontà collegiale. Eccesso di potere per inadeguatezza ed incongruenza della motivazione. Il Collegio arbitrale, disattendendo il primo motivo della domanda di arbitrato (al quale -per quanto possa occorrere- viene qui fatto integrale rinvio), ha escluso che il Consiglio Federale sia incorso nelle denunciate violazioni delle regole che governano il processo di formazione della volontà collegiale, assumendo di avere riscontrato la regolarità delle convocazioni e l’avvenuta indicazione dell’argomento all’ordine del giorno (cfr. par. 9 del lodo). Su quali elementi di riscontro si basi questa affermazione non è dato intendere. Innanzitutto, perché -come si è detto- la Federazione non ha depositato in atti alcun documento, che comprovi l’avvenuto ricevimento di tali convocazioni da parte dei consiglieri risultati assenti. Nè può seriamente sostenersi che la dizione “Leghe di società” assolva l’onere di una puntuale indicazione dell’argomento nell’ordine del giorno, perché la formula adottata è così anodina da risultare incomprensibile. Non arriviamo a pretendere che in esso dovesse figurare un riferimento al divisato intervento in autotutela (come pure sarebbe stato doveroso); ma certo è che quanto meno un accenno all’esame della posizione della società siciliana sarebbe stato doveroso. Privo di ogni pregio è, poi, il rilievo che la questione avrebbe formato oggetto di discussione nel corso dell’adunanza consiliare. Il problema risiede altrove e riguarda i consiglieri assenti e quelli che, pur presenti, non sono stati messi in condizione di affrontare il dibattito ex informata conscientia! Ancor più sorprendente è la pretesa di disconoscere la legittimazione della ricorrente a sollevare la questione, facendo leva sull’assunto che gli unici soggetti titolati a dedurla sarebbero i componenti dell’organo! La tesi è destituita di ogni fondamento: giacché -se è pur vero che la puntuale enunciazione degli argomenti posti all’ordine del giorno costituisce adempimento prescritto a salvaguardia di un consapevole esercizio delle prerogative spettanti al destinatario della convocazione- è altrettanto pacifico che con la doverosa osservanza di questa formalità viene garantito nel contempo, a beneficio soprattutto dei destinatari del deliberato consiliare, il corretto sviluppo del processo di formazione della volontà collegiale, che deve scaturire da un confronto dialettico al quale tutti i componenti dell’organo siano messi in condizione di partecipare con piena cognizione di causa. Con la conseguenza che sono sicuramente legittimati a sindacare l’omissione riscontrata non soltanto i componenti dell’organo (alcuni dei quali hanno reagito -come si è visto- con un gesto politico: le dimissioni dalla carica), ma anche -e vorremmo aggiungere: soprattutto- la destinataria del provvedimento deliberato in così plateale violazione della regola invocata. D’altro canto, é sufficiente sfogliare un repertorio di giurisprudenza per constatare come quasi tutti i precedenti in materia traggano origine da impugnative proposte dai destinatari del deliberato collegiale (cfr., in tal senso, Cons. Stato, VI, 27.8.1997, n. 1218; IV, 19.10.2005, n. 5868; IX, 29.4 2006, n. 2305; T.A.R Lazio, I, 18.11.2003, n.10098; T.A.R. Puglia, Bari, 5.2.200, n. 550; T.A.R. Lazio, III, 31.7.1998, n. 1940). Di tali precedenti (che enfatizzano la necessità di una chiara previsione nell’ordine del giorno allorquando -come è accaduto nella specie- “l’argomento trattato costituisca oggetto di previo articolato procedimento per l’oggettiva sua rilevanza”) il lodo non ha tenuto alcun conto, omettendo di esprimere le ragioni della propria difforme opinione. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e segg. della legge 7.8.1990, n. 241. Eccesso di potere per errore nei presupposti, travisamento di risultanze documentali, difetto di motivazione. Pur avendo correttamente qualificato la delibera consiliare impugnata come atto emanato nell’esercizio della potestà di autotutela, il Collegio arbitrale non ne ha tratto le dovute implicazioni giuridiche. Nell’esaminare la questione relativa alla mancata comunicazione dell’atto di avvio del procedimento, il lodo muove dall’erronea premessa che tale formalità sarebbe stata soddisfatta mediante l’invio alla ricorrente della lettera in data 13 agosto 2008, con la quale la COMTEC ha invitato la società interessata a fornire chiarimenti in merito alla propria esposizione debitoria nei confronti dell’ENPALS (cfr. par. 8). Questa missiva -secondo gli arbitri- costituirebbe “pur sempre comunicazione dell’inizio di un procedimento di verifica di circostanze nuove idonee ad ulteriori determinazioni”. Anche questa asserzione non merita consenso per una serie concorrente di ragioni: -a) innanzi tutto, perché la comunicazione ex art. 7 deve individuare con sufficiente chiarezza la natura, l’oggetto e l’eventuale punto di approdo del procedimento intrapreso dalla P.A. e non basta, quindi, che venga preannunciato l’avvio di un meglio identificato procedimento di verifica di circostanze sopravvenute, che possano dare adito all’adozione di “ulteriori determinazioni” delle quali non venga specificata l’indole; -b) in secondo luogo, perché la COMTEC ha agito nel contesto di un modulo procedimentale (quello preordinato all’eventuale applicazione di sanzioni amministrative), che escludeva in radice il ricorso all’autotutela per i motivi diffusamente illustrati in precedenza (cfr. C.d.S. V, 4.3.2008, n. 880, dove è stata ritenuta inidonea allo scopo l’indicazione “inizio del procedimento di revoca concessione” contenuta nella nota di avvio del procedimento in quell’occasione in esame, in quanto nella riunione seguita alla convocazione della parte non si era poi discusso e non era stata prospettata la possibilità di addivenire alla revoca della concessione: il che, ove si potesse prescindere dalla circostanza -tutt’altro che irrilevante della omessa indicazione di qualsiasi riferimento alla ipotesi di revoca dell’ammissione, è proprio quanto accaduto nel caso in parola); -c) ed infine, perché allorquando l’esame del caso è stato affrontato dal Consiglio Federale, quest’ultimo ha impresso ex abrupto al percorso procedimentale imboccato dalla COMTEC un drastico mutamento di rotta, che ha condotto ad un epilogo provvedimentale (la revoca dell’ammissione) estraneo alla previsione della norma regolatrice del procedimento in cui l’esponente aveva avuto modo di interloquire. Tanto premesso, è appena il caso di ribadire che, per pacifico insegnamento giurisprudenziale, allorquando l’Amministrazione agisca in via di autotutela, la comunicazione di avvio del procedimento è sempre obbligatoria e non ammette deroghe di sorta, dovendosi comunque “consentire, per il tramite dell’instaurazione di un contraddittorio con il destinatario dell’atto, una efficace tutela delle ragioni di questi già nell’ambito del procedimento amministrativo e contestualmente di fornire elementi di conoscenza utili all’esercizio del suo potere discrezionale” (cfr., fra le più recenti, C.d.S., V, 4.3.2008, n.880 VI, 13.11.2007, n. 5801; TAR Umbria, 29.8.2008, n. 549; TAR Lombardia, Milano, 10.6.2008, n. 1961; TAR Puglia, Lecce, 5.6.2008,n. 1653; TAR Campania, Napoli, V, 4.3.2008, n. 1064). Del tutto fuor di luogo è, poi, il riferimento fatto dal lodo al disposto dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990 (e successive modifiche ed integrazioni). Al riguardo basti replicare che: -a) l’elencazione delle ipotesi, in presenza delle quali l’omessa comunicazione dell’atto di avvio, non determina l’annullabilità del provvedimento finale, ha carattere tassativo e non è integrabile in via di interpretazione analogica e/o estensiva (cfr. TAR Calabria, II, 13.3.2006, n. 283); -b) l’esercizio dell’autotutela costituisce, per definizione, attività non vincolata, rimessa alla discrezionalità della P.A., che è tenuta a farne uso nel rigoroso rispetto delle regulae agendi elaborate da una giurisprudenza ormai secolare; -c) in ragione di quanto precede, a mente del II c. del ricordato art. 21 octies, spettava alla Federazione dimostrare “in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Prova quest’ultima che non è stata fornita nel procedimento a quo. Né avrebbe potuto esserlo, in quanto -ove pure il sopravvenuto accertamento della situazione debitoria contestata fosse incontrovertibile- ciò non significa che la revoca dell’ammissione fosse un atto dovuto, restando aperta la questione centrale posta dalla ricorrente, consistente nello stabilire -come si è più volte spiegato- quale sia il percorso procedimentale da seguire (autotutela o sanzione amministrativa?). 4. Violazione e falsa applicazione del canone ermeneutico di specialità nonché degli artt. 29 e 30 da R.E. del settore professionistico. Eccesso di potere per insufficienza delle motivazioni. La dotta dissertazione introduttiva dedicata dal lodo all’inquadramento dogmatico del potere esercitato dal Consiglio Federale (cfr. par. 3) è elegante, ma superflua: essendo pacifico tra le parti che la delibera gravata costituisca l’atto terminale di un procedimento (di secondo grado) attivato in via di autotutela. Le considerazioni svolte al riguardo dal Collegio arbitrale in linea teorica sono condivisibili. Ma con una avvertenza preliminare, dettata dalla esigenza di evitare equivoci in proposito: la c.d. “retrattabilità”o, detto altrimenti, la “necessaria mutabilità” dell’atto amministrativo inficiato ab origine da un vizio di legittimità non conferisce natura vincolata al potere di cui si discute, che resta -per definizione- discrezionale e soggetto, quindi, alle regole che governano questa tipologia di azione amministrativa. In altre parole, il fatto che, in epoca successiva all’avvenuto accertamento del possesso dei requisiti all’uopo prescritti, sia asseritamente emersa l’esistenza di un’esposizione debitoria, ostativa alla già disposta ammissione, non obbligava il Consiglio Federale ad agire necessariamente in via di autotutela. Ciò in quanto il ricorso ad essa doveva ritenersi subordinato alla seguente alternativa, consistente: - a) in via principale, nella assenza nell’ordinamento federale di una norma espressamente diretta a disciplinare il regime sanzionatorio applicabile nelle ipotesi di scoperta postuma di (presunta) infedeltà delle dichiarazioni rese in sede di domanda di ammissione; - b) ovvero, in mancanza di tale previsione, nella ricorrenza di una situazione di fatto e di diritto tale da giustificare, in funzione della prevalenza di un motivato interesse pubblico (che non può esaurirsi nel mero ripristino della legalità), la rimozione dell’atto e la conseguente rideterminazione dell’assetto di rapporti ivi definito. Il tema è stato già diffusamente trattato nel terzo motivo, sub A, del presente ricorso e, al fine di evitare tediose ripetizioni, si fa ad esso integrale rinvio. Basti qui aggiungere che la norma speciale, che impedisce nel caso in esame il ricorso alla generale potestà di autotutela, va individuata nel più volte menzionato art. 29 del R.E. del settore professionistico. Ed in questa prospettiva di ragionamento (imposta dal criterio ermeneutico di specialità) diventa irrilevante il riferimento fatto dal lodo alla legge n. 15/2005 ed alle “cospicue e concorrenti elaborazioni giurisprudenziali e dottrinali volte a riconoscere [alla P.A.] un generale potere di riesame” (cfr. par. 4). Né può essere utilmente invocato l’art. 30 del R.E. del settore professionistico, giacché l’attribuzione di competenza operata da tale norma riguarda i soli provvedimenti adottabili in sede di (prima) delibazione della domanda di ammissione e non contiene alcuna previsione che possa neutralizzare il contenuto precettivo del precedente art. 29. Senza contare che il lodo ha dato per scontato il vizio assunto a presupposto della revoca (consistente nell’asserita esistenza di debiti scaduti nei confronti dell’ENPALS), omettendo di esaminare le argomentazioni addotte dalla società istante a confutazione dell’inadempienza contestatale. 5. Eccesso di potere per travisamento delle censure dedotte in sede arbitrale nonché per illogicità e contraddittorietà della motivazione. Assai poco persuasive sono pure le considerazioni svolte sotto i paragrafi 5 e 6 del lodo, che non sembrano cogliere il senso e la portata delle censure formulate dalla società istante con riferimento al ruolo spiegato dalla COMTEC nella vicenda ed all’ibrida commistione di procedimenti realizzatasi nel passaggio della trattazione dell’affare dall’organo consultivo al Consiglio Federale. Su questi temi si impongono alcune precisazioni preliminari: - a) il procedimento di cui all’art. 29 R.E. non ha carattere disciplinare (nell’accezione tecnica del termine): ove così fosse, ci troveremmo al cospetto di un monstrum, in quanto le sanzioni ivi previste verrebbero applicate dall’organo di direzione politica della Federazione e non da un organo di giustizia versante in posizione di terzietà; - b) l’“ontologica diversità”del procedimento ex art. 29 R.E. rispetto a quello conclusosi con la revoca dell’ammissione, lungi dallo smentire la tesi della ricorrente, la avvalora: giacché conferma l’esistenza dell’invalicabile cesura, che rende impraticabile l’osmosi tra i due procedimenti, imponendo una comunicazione ad hoc dell’avvio dell’intervento in autotutela; - c) la Soc. Orlandina non ha mai denunciato una sovrapposizione di funzioni, né ha preteso di attribuire alla COMTEC prerogative (eccedenti quelle istituzionali di “supporto tecnico”) tali da sottrarre al Consiglio Federale le competenze deliberative ad esso spettanti. Sappiamo perfettamente che la Commissione tecnica non è attributaria di “alcun potere decisionale”, né ignoriamo che le sue proposte non sono vincolanti. Ma ancora una volta la questione posta è tutt’altra e risiede nella lamentata violazione del principio del contrarius actus. Avendo deciso di agire in autotutela, il Consiglio Federale aveva l’obbligo di acquisire il parere formulato dall’organo di consulenza tecnica, che -in sede di prima delibazione della domanda di ammissione- si era pronunciato (favorevolmente) sull’argomento. Va da sé che il Consiglio Federale sarebbe stato libero di aderire o meno a tale proposta. Ciò che non è, invece, consentita è la totale obliterazione del prescritto apporto consultivo nel momento in cui, attraverso la revoca dell’originaria determinazione (assunta con il concorso dell’organo tecnico), si disponga nella sostanza un diniego di ammissione. Né si dica che la COMTEC avrebbe comunque validamente interloquito, essendosi resa promotrice degli approfondimenti istruttori seguiti alle segnalazioni dell’Enpals: giacché -come si è ripetutamente chiarito- essa ha agito all’interno di un contesto procedimentale, che lo stesso lodo definisce ontologicamente diverso, formulando una proposta coerente con l’impostazione seguita (del tutto incompatibile -giova ribadirlo- con l’epilogo proprio di un intervento in autotutela). 6. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto nonché per difetto ed incongruenza della motivazione. Non è più convincente la risposta data dal lodo al motivo, con il quale si era stigmatizzata l’omessa ponderazione dell’interesse pubblico dichiaratamente perseguito con le esigenze di tutela dell’affidamento ingenerato dall’atto revocando (cfr. pag. 7). Giova premettere che quando si parla di affidamento, la condizione soggettiva che va valutata è quella indotta dai concreti termini di svolgimento della vicenda. Nel caso in esame l’affidamento maturato dalla società non nasce soltanto dall’originaria determinazione ammissiva, ma soprattutto dal fatto che -allorquando il Consiglio Federale ha deliberato in tal senso (cfr. del. 26.7.2008, n. 5)- erano già noti alla Federazione i dubbi sulla regolarità della posizione contributiva della società (cfr. nota ENPALS del 15 luglio 2008, pervenuta in pari data alla FIP). Ciò sta a significare che non può sicuramente imputarsi all’Orlandina di essere consapevole della (supposta) infedeltà della dichiarazione resa in merito all’inesistenza di debiti scaduti: giacché tale ipotetica consapevolezza (che -ad avviso degli arbitri- escluderebbe in radice l’affidamento per una futura partecipazione al campionato) risulta smentita proprio dall’operato degli organi federali, i quali -pur in possesso di informazioni direttamente acquisite (o, comunque, attingibili) dall’ENPALS- si sono pronunciati in favore dell’ammissione, senza neppure prendere in considerazione l’eventualità di una misura soprassessoria. Né vale a superare la censura la circostanza che la revoca sia intervenuta prima dell’inizio del campionato: giacché, dal punto di vista del destinatario del provvedimento, rilevano gli effetti prodotti dalla disposta iscrizione, ottenuta la quale la società ha assunto i molteplici e gravosi impegni contrattuali necessari per affrontare i cimenti agonistici. Quanto, poi, alla ritenuta prevalenza delle ragioni di interesse pubblico sul sacrificio imposto al soggetto destinatario dell’intervento in autotutela, non si è tenuto in alcun conto un aspetto fondamentale (valorizzato, peraltro, dal provvedimento di commissariamento della Federazione): e, cioè, che proprio la tardività del riesame della posizione dell’Orlandina e la sua inopinata esclusione postuma (fonte di un inevitabile contenzioso) avrebbero messo a rischio il regolare svolgimento dei campionati. 7. Eccesso di potere per omesso esame di motivi svolti in sede arbitrale Il Collegio arbitrale è incorso, infine, in un duplice vizio di infrapetizione, omettendo di pronunciarsi: - a) sul motivo introdotto sotto la lettera E (cfr. pag. 11 e segg.) delle note autorizzate depositate in data 30 settembre 2008, con il quale si era denunciata la mancanza del numero minimo di presenze prescritte dall’art. 32 dello Statuto per la validità delle riunioni del Consiglio Federale; - b) sull’articolata censura dedotta nella pagine 13 e segg. della domanda di arbitrato, con la quale si era criticata la bizzarra motivazione addotta dal Consiglio Federale per disattendere la proposta della COMTEC ed abbandonare il percorso procedimentale indicatogli da quest’ultima. Tali doglianze sono state integralmente riproposte sub lettera A. C. SULLE RICHIESTE CAUTELARI (sia in sede Presidenziale sia in quella collegiale) Il colpevole ritardo con il quale il Consiglio Federale ha affrontato il riesame della posizione dell’Orlandina (tale da comportare, in ragione del contenzioso tuttora pendente, una perdurante incertezza sulla composizione dell’organico delle squadre partecipanti al campionato di serie A e addirittura sul numero delle formazioni ammesse) e l’inarrestabile sequenza di dimissioni antecedenti e successive all’adunanza consiliare del 19/20 settembre u.s. (tale, a sua volta, da impedire il funzionamento dell’organo) costituiscono le due principali cause del commissariamento della Federazione, deliberato dalla Giunta Nazionale del CONI in data 28 settembre 2008. E tanto basterebbe ad offrire la più eloquente dimostrazione dei molteplici profili di illegittimità (formali e sostanziali) denunciati con la domanda di arbitrato e qui ribaditi. Ma la peculiare natura dei vizi dedotti (e, in particolare, quelli consistenti nella violazione delle regole che presiedono alla corretta formazione della volontà collegiale, nella totale obliterazione delle garanzie partecipative, nell’inosservanza dei principi che governano l’esercizio della potestà di autotutela, nella perplessità del percorso procedimentale seguito) rileva anche sotto l’aspetto del periculum in mora. Al riguardo va osservato che la decisione del Collegio arbitrale (provvedimento conclusivo della fase impugnatoria, che la società istante era tenuta ad attivare per assolvere la condizione di procedibilità prescritta dalla legge n. 280/2003) è stata pubblicata con pochissimi giorni di anticipo rispetto alla data di avvio del campionato, fissata al 12 ottobre p.v. (dopo un primo differimento, determinato proprio dalla necessità di attendere l’esito del contenzioso in essere): e ciò è accaduto (con intuibile menomazione delle prerogative difensive della società interessata) nonostante le parti avessero autorizzato i componenti del Collegio ad emettere una pronuncia succintamente motivata, sì da potere addivenire re adhuc integra alla cognizione di codesto Tribunale. Quanto precede induce la ricorrente a richiedere la immediata sospensione dell’efficacia degli atti impugnati con decreto presidenziale (emesso inaudita altera parte), dal momento che -calendario delle udienze alla mano- l’esame in sede collegiale dell’incidente cautelare non potrà avere luogo prima del 16 ottobre p.v. In mancanza della tempestiva concessione di misure provvisorie monocratiche si verificherebbero conseguenze gravemente pregiudizievoli non soltanto per la ricorrente (che -oltre ad essere bandita dal campionato cui legittimamente aspira- verrebbe retrocessa a livelli agonistici amatoriali e condannata, per l’effetto, a sicuro fallimento), ma anche per la regolarità del campionato, sull’assetto del quale è destinato ad incidere l’esito della presente controversia. A quest’ultimo proposito preme sottolineare che, in difetto di tempestiva concessione della tutela anticipatoria, il campionato avrebbe inizio con un organico ridotto a sedici squadre (tenuto conto della contestuale esclusione della Napoli Basket) e sulla scorta di un calendario rimodulato in ragione di tale diverso assetto delle formazioni ammesse. Con la conseguenza che -ove (come si confida di avere dimostrato) fosse giudizialmente riconosciuta la macroscopica illegittimità della revoca della già disposta ammissione dell’Orlandina- si dovrebbe disporre l’annullamento delle gare disputate medio tempore, dare corso all’approntamento di nuovi calendari agonistici e procedere, infine, alla rinnovazione della fase di avvio del campionato coinvolto. Nella situazione descritta sembra, quindi, rispondere all’interesse di tutte le parti in causa l’assenso di una misura inibitoria, che congeli ogni ulteriore attività provvedimentale della Federazione quanto meno sino a quando l’esame della questione non sarà approdato al vaglio del suo giudice naturale (in composizione collegiale). Tanto più ove si consideri che le ragioni di somma urgenza sin qui rappresentate discendono da una serie di accadimenti (certamente non imputabili all’operato della ricorrente) consistenti: -a) nell’inescusabile ritardo, con il quale la Federazione ha deciso di intervenire in autotutela, benché informata sin dal 15 luglio 2008 (cfr. nota ENPALS in pari dati) dell’esistenza di possibili inadempienze contributive; -b) dell’ulteriore ritardo, con il quale la F.I.P. ha reso note le motivazioni del deliberato consiliare oggetto di gravame, ancorché il contenuto del dispositivo fosse stato anticipato con una comunicazione telegrafica (inviata all’evidente scopo di far decorrere illico et immediate il già ridottissimo termine di impugnazione): il che ha obbligato l’istante a richiedere la concessione di un termine a difesa per integrare il libello introduttivo formulato senza conoscere il testo della delibera, reso disponibile solo successivamente; -c) nel mancato spontaneo deposito della documentazione richiesta dall’attrice: il che ha reso necessaria l’emanazione di un provvedimento istruttorio da parte del Collegio arbitrale (cfr. verbale del 26 settembre 2008), con rinvio della discussione al 1 ottobre u.s.; -d) nella pubblicazione del lodo (del quale si era -come detto- autorizzata la redazione in forma sintetica) a distanza di cinque giorni dall’udienza di discussione. A scanso di equivoci sia ben chiaro che il rilievo sub d) viene espresso non per muovere appunti all’operato del Collegio arbitrale (che ha comunque, agito nel rispetto dei termini edittali previsti dal Regolamento camerale), ma soltanto allo scopo di rimarcare l’estrema urgenza della situazione venutasi a determinare, tale da giustificare l’invocata concessione di misure interinali derogatorie del principio della collegialità. A ciò si aggiunga che, nella comparazione dei contrapposti interessi in giuoco, non potrà non tenersi conto anche di quelli (perfettamente coincidenti con quelli della società) dei numerosi soggetti (atleti, staff tecnico, dipendenti, fornitori etc.), che operano in favore della stessa, i quali, nel caso di diniego di concessione delle invocate misure cautelari, si troverebbero di fatto private della loro unica fonte di sostentamento. Alla luce di quanto esposto si formula, pertanto, al Presidente del TAR del Lazio, richiesta di provvedimenti cautelari urgenti inaudita altera parte. P.Q.M. Si confida nell’accoglimento del presente ricorso, con il conseguente annullamento degli atti impugnati, previa concessione delle misure cautelari nelle forme invocate. Con ogni conseguente pronuncia di legge anche in ordine alle spese ed agli onorari del doppio grado di giudizio. Ai sensi e per gli effetti dell’art. 9 della legge n. 488/99 (e successive modifiche) si dichiara che il valore della presente controversia è indeterminabile. Roma, 8 ottobre 2008 Avv. Luigi Medugno Avv. Letizia Mazzarelli
Istanza di autorizzazione alle notifiche ex art. 12 della legge n. 205/2000 e di abbreviazione dei termini ex. art. 36.2 R.D. n. 642/1907 Attesa la richiesta di misure cautelari urgenti nonché la necessità di addivenire alla trattazione in sede collegiale dell’incidente cautelare nella Camera di Consiglio del 16 ottobre 2008; considerato -che ad oggi non vi sarebbero i termini di legge necessari per le notifiche alle controparti e successivi adempimenti secondo le forme ordinarie; si chiede - che venga autorizzata la notifica diretta, a cura dei difensori della società ricorrente, del presente atto a mezzo fax o e-mail, ai sensi del combinato disposto degli articoli 151 c.p.c. e 12 della legge n. 205/2000 e disposta la abbreviazione dei termini ex art. 36.2 R.D. n. 642/0907 Roma, 8 ottobre 2008 Avv. Luigi Medugno Avv. Letizia Mazzarelli
Nella mia qualità di Presidente e Legale Rappresentante della Orlandina Basket S.r.l.,delego a rappresentare e difendere la suddetta società nel presente giudizio gli avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli,conferendo loro -anche disgiuntamente- ogni potere di legge ed eleggendo domicilio presso il loro studio in Roma, via Panama n. 58.
I sottoscritti Avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, nella loro qualità di rappresentanti e difensori della Orlandina Basket S.r.l., come da autorizzazione Presidenziale resa in data 8 ottobre 2008, notificano a mezzo telefax il presente atto a: - Federazione Italiana Pallacanestro - F.I.P., in persona del legale rappresentante pro tempore al n. 0636856552; - Comitato Olimpico Nazionale Italiano - C.O.N.I., in persona del Presidente pro tempore, al n. 0636857385; - Collegio arbitrale (costituito presso la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport - C.O.N.I.- Presidente: Prof. Avv. Marcello Foschini; componenti: avv.ti Prof. Luigi Fumagalli, Prof. Maurizio Benincasa, Ciro Pellegrino, Aurelio Vessichelli) in persona del Presidente, che ha emesso il lodo in data 6 ottobre 2008, al n. 0636857104. -Camera di conciliazione e Arbitrato per lo Sport presso il C.O.N.I., in persona del Presidente della Camera, al n. 0636857104.
Roma, 8 ottobre 2008 Avv. Letizia Mazzarelli Avv. Luigi Medugno
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