APPELLO PER LA MARCIA DELLO STRETTO
La Marcia dello Stretto di Messina, promossa sabato 27 novembre (concentramento ore 16,00 a piazza Cairoli, Messina) da associazioni, coordinamenti, comitati di cittadini, partiti, socialforum, sindacati di base, si ispira ad un modello di società basato su principi ecosostenibili e solidali e intende difendere la ricchezza paesistica, ambientale e naturalistica del mare e delle terre tra Calabria e Sicilia, di un luogo unico nella storia e nella cultura del Mediterraneo.
In questa zona ad elevato rischio sismico e dai precari equilibri urbanistici e territoriali, i Governi succedutesi in questi trenta anni hanno proposto la realizzazione di un ponte che collegasse le due sponde dello Stretto. Un ponte che, secondo l’ultimo progetto voluto dal Governo Berlusconi, deve essere ad unica campata della lunghezza di 3.300 metri, con doppio impalcato stradale e ferroviario, per un costo prudenziale stimato, oggi, in circa 5 miliardi di euro.
La scelta governativa è stata imposta ai cittadini italiani e alle città di Messina e Villa San Giovanni, sfruttando i meccanismi antidemocratici di semplificazione e accelerazione delle procedure della cosiddetta Legge Obiettivo (L. n. 443/2001), che prevede in tutta Italia la realizzazione (senza alcuna seria analisi degli impatti ambientali e del calcolo costi/benefici per la comunità) di oltre 250 interventi per una spesa complessiva preventivata di 125 miliardi di euro ed elevatissimi costi ambientali e sociali.
Il governo lancia una sfida avventata e distruttiva che noi raccogliamo con la Marcia per lo Stretto promossa per sabato 27 novembre. Perché riteniamo che questa sia una sfida sbagliata:
- per il progresso tecnologico. Non esiste ponte al mondo, stradale e ferroviario, ad unica campata che superi i 1.100 metri. Allo stato attuale delle conoscenze un ponte ad unica campata di 3.300 metri di lunghezza, come quello voluto dal Governo, potrebbe essere costruito solo tra 100 anni.
- per i conti pubblici. Stime ufficiali prevedono che il traffico stradale previsto nel 2032 sia di soli 18.500 autoveicoli al giorno, quando (se davvero si volesse ripagare il ponte con i pedaggi) bisognerebbe garantirne perlomeno 100.000, con le conseguenze prevedibili per le aree urbane di Messina, Villa San Giovanni e Reggio Calabria; il traffico ferroviario è modesto ma le FS dovranno pagare una gabella annua, quando il ponte andrà in esercizio, di 138 milioni di euro per contribuire a ripagarlo e per garantirne gli elevatissimi costi di gestione.
- per l’economia del Sud. I 5 miliardi iniziali e i 138 milioni l’anno, per oltre 40 anni, potrebbero essere meglio impiegati per il potenziamento e l’ammodernamento delle reti stradali e ferroviarie siciliane e calabresi, per la ristrutturazione degli scali portuali e aeroportuali e per incentivare il trasporto via mare e aereo di merci e passeggeri;
- per il lavoro nel Mezzogiorno. L’occupazione temporanea nei 7 anni di cantiere, stimata dal Governo, è gonfiata del 100% e sarà richiesta manodopera ad alta specializzazione che escluderà le maestranze locali mentre si nasconde che, a regime, verranno tagliati centinaia di posti di lavoro tra gli addetti del traghettamento.
- per l’ambiente- Con opere, cantieri, discariche e cave si devasta un habitat unico nel Mediterraneo per la ricchezza della biodiversità e 11 tra siti di interesse comunitario e zone di protezione speciale, tutelate dall’Europa; la qualità della vita di decine di migliaia di cittadini che vivono sulle due sponde, sarà compromessa definitivamente.
- per il territorio. Dicono che il ponte reggerà sismi anche elevati, ma solo il 25 % delle case di Messina e Reggio Calabria sono in sicurezza antisismica. In caso di terremoto, le due città si trasformerebbero in due cimiteri.
Noi rispondiamo all’avventurismo del Governo chiedendo con la Marcia dello Stretto del 27 Novembre di: 1) bloccare la gara del General Contractor, indetta senza che siano state garantite le semplici regole della concorrenza e le norme sulla Valutazione di impatto ambientale; 2) impiegare i 5 miliardi di investimento per il ponte per adeguare e potenziare invece le infrastrutture esistenti in Calabria e Sicilia; 3) cancellare l’aiuto di Stato di 138 milioni di euro, garantito attraverso RFI, alla Stretto di Messina SpA; trasformare la Stretto di Messina SpA, 4) trasformare la Stretto di Messina S.p.A. costituita per realizzare il ponte, in una società per la promozione delle infrastrutture realmente utili al Sud.
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