Solo nel finale l’Olimpia piega Capo d’Orlando Anche l’autunno ha i suoi rituali, si chiude la stagione delle sfilate, e Giorgio Armani riprende il suo posto in parterre, esordio stagionale, a fianco della cravatta gialla di Adriano Galliani. L’Olimpia lo saluta con la vittoria (103-94) sull’Upea Capo d’Orlando, ma alla caduta delle prime foglie, per Milano, ancora non corrisponde la rinascita delle certezze. Diciamo subito che la domanda da fare a bruciapelo è quella antica del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Ovvero: contano di più i 103 punti segnati o i 94 subiti in casa dalla matricola siciliana? Domanda infame. Anche perché si era detto, e promesso, che questa Armani, ritrovatasi al completo solo una settimana prima dell’inizio campionato, non sarebbe stata giudicabile prima di un mese.
SOFFERENZA - Ma il tempo corre e la prospettiva non è ancora quella di un viale alberato, ma di un sentiero di lacrime prima della gioia finale. Contro Capo d’Orlando, infatti, Milano ha sofferto le pene dell’inferno, quasi sempre a inseguire durante il primo tempo, chiuso in pareggio di bilancio (48-48) agguantato per i capelli da Cavaliero sulla prima sirena. Poi, nel terzo quarto, si sono spalancate le porte del luna park, Dante Calabria e Dusan Vukcevic hanno imbracciato la carabina e sparato all’orso. Grandinata tremenda, con un 6/6 nelle triple (4/4 per il "paisà" e 2/2 del bosniaco), e primo deciso allungo al 29’ (78-68). Finiva così l’illusione di Capo d’Orlando, che a tratti ha anche giocato meglio dell’Armani, gran soddisfazione morale, inno alla dignità di una matricola assoluta per la serie A, anche se a godere alla fine sono stati gli altri. Perché sono 2000 anni che ci raccontiamo la favoletta di Davide contro Golia, un tempo forse vera, quando le guerre si combattevano con i sassi. Milano, in tutta la ripresa ha pescato solo 3 volte il canestro dentro l’area, per il resto è continuato il bombardamento a tappeto. Dunque, l’Armani ha vinto la battaglia con le forze aeree.
DILUVIO - Ma il gioco? D’accordo, mancava Blair, e questo può aver sbilanciato il gioco sul perimetro esterno. Però c’era Diego Fajardo, enorme, che dopo soltanto 10 minuti giocati aveva già totalizzato 10 punti e 12 rimbalzi (!), cavaliere senza macchia e senza paura (19 punti e 15 rimbalzi alla fine), che ha salvato Milano dal naufragio, prima che i suoi esterni scatenassero il diluvio universale. Ancora lungo è il cammino del completo inserimento di Bulleri e Galanda nei meccanismi, ammesso che i meccanismi della vecchia Armani siano quelli a loro più congeniali: «Arriverà anche l’equilibrio del gioco - promette Lino Lardo -. Lo scorso anno abbiamo avuto due mesi per collaudarli, adesso ci stiamo chiarendo e capendo. Non vorrei che il tiro da 3 punti diventasse la nostra unica arma - ammette il coach milanese -. Fermo restando il punto che questa squadra deve sempre partire dalla difesa». Pesano anche a lui i 94 punti sul groppone? «Non dobbiamo guardare la classifica, oggi abbiamo giocato contro una squadra che faceva sempre canestro. Sarà molto demerito nostro, ma anche un po’ merito loro. O no?».
VACANZA - Aggiudicato. Però Massimo Bulleri, spiace dirlo, era un guardiamarina in vacanza che ha concesso al folletto Marque Perry (21 punti) troppa libertà di navigazione «coast to coast». Intanto, Galliani può godersi il 2-0 sulla Sicilia: dopo il Milan che ha sofferto ma alla fine ha battuto il Palermo, anche l’Olimpia, soffrendo, ha evitato lo scoglio di Capo d’Orlando. Nessun problema per la Vertical Vision Cantù, dove gli equilibri sono già avanzatissimi: con otto uomini oltre i 10 punti ha liquidato Avellino, lasciandola sola all’ultimo posto. Bruciata, invece, la Whirlpool Varese sull’ultimo assalto (64-62) a Roseto. In fondo bastava che Marlon Garnett, che dovrebbe essere la stella cometa, facesse appena meglio di 1/8 da tre punti.
Werther Pedrazzi
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