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Gazzetta del Sud - mercoledì 4 gennaio 2006 at 09:39
Il decreto regionale non è stato ancora ritirato
Sindaci sul piede di guerra
l'annunciata riduzione delle guardie mediche in provincia

Oltre sessanta sindaci della provincia si apprestano a “marciare” su Palermo, se il Governo regionale non manterrà l'impegno di ritirare il decreto con cui, lo scorso luglio, aveva disposto la riduzione delle guardie mediche. «Già a novembre – ribadisce il primo cittadino di Falcone Salvatore Chiofalo – avevamo chiesto al presidente Salvatore Cuffaro un incontro, ma ancora non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Adesso attendiamo solo che riprendano le attività all'assemblea regionale per farci sentire. Vogliamo ricordare al Governo gli impegni che aveva assunto per il ritiro di quel decreto. Sappiamo inoltre – continua – che l'argomento è stato trattato anche nell'ambito della commissione sanità dell'Ars, presieduta dall'on. Santi Formica, il quale ci ha ritenuto troppo allarmisti. Penso che non sia proprio così e come me lo pensano in tanti: siamo pronti a marciare con la fascia tricolore, come accadde quando si ventilò la riduzione dei Punti territoriali d'emergenza. Allora, nel 2002, lo stesso Cuffaro fornì ampie rassicurazioni a favore dei presidi di continuità assistenziale sostenendo che non sarebbero stati messi in discussione dall'azione di governo». Nella scorsa estate invece come un fulmine a ciel sereno piombò la circolare firmata dall'assessore Pistorio, la n. 6945 del 25 luglio, con cui si riducono drasticamente i presidi di guardia medica nella provincia messinese, che passerebbero da 116 a 30, mentre il personale medico andrebbe da 459 a 116 unità. Una situazione inaccettabile secondo i sindaci, che ricordano come un simile provvedimento comporterebbe un grave peggioramento dell'assistenza sanitaria in territori geograficamente disagiati, lontani dagli ospedali, dove l'unico presidio sanitario è appunto la guardia medica e dove il doversi sobbarcare una lunga distanza potrebbe anche vanificare l'azione di soccorso. Il problema, ovviamente, è anche di tipo occupazionale, dato il consistente numero di professionisti (spesso giovani specialisti che solo così possono lavorare) che si troverebbero privi di impiego.

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