SERIE A - L’Upea mette le mani sulla salvezza. L’exploit di Cantù mette gli orlandini in una posizione di classifica più tranquilla grazie anche agli scontri diretti. Evtimov subito determinante, ma la chiave è un Perry “rinato”. I tifosi dell’Orlandina vedono la salvezza.
Cantù, allenata dal compianto Giancarlo Primo, supera Milano nella finale- derby della Coppa dei Campioni 69-68 e si laurea campione d’Europa mentre l’Orlandina, guidata da Maurizio Cucinotta e con i vari Ditella, Brogna e Iannello, lotta per un posto nei playoff in C2. Sono passati 22 anni e nessuno dei tifosi storici dei paladini poteva mai pensare che, nella magica serata del 25 febbraio 2006, la loro Orlandina andasse a sbancare, agevolmente, il “Pala - Cucciago”. La storia regala all’Upea un’altra perla da incorniciare, ma il successo in Brianza ha un valore doppio in termini di classifica: seconda vittoria esterna consecutiva, sempre staccate Viola e Avellino, agganciata Livorno con il 2-0 negli scontri diretti, a vista d’occhio la stessa Cantù con la quale l’Upea è in vantaggio (a Capo d’Orlando i lombardi avevano vinto di 2 punti). Cosa è successo a questa Orlandina, al centro delle critiche e delle contestazioni, nella deludente gara persa il 4 febbraio in casa contro la Virtus Bologna? Semplicemente, ha risposto la squadra: a Livorno e a Cantù sono arrivate due vittorie con gli “starting five” tutti in doppia cifra, Perry è diventato il play che tutti attendevano (13 assist in queste due gare), Carter è il solito, grandissimo capitano, Janicenoks ta diventando quel campione seguito non a torto dalla Fortitudo Bologna (migliore prestazione in carriera sabato per l’esterno lettone), sotto le plance accanto all’utilità di Nnamaka, sempre pronto in ogni occasione, e alla rivitalizzazione di Praskevicius ecco la novità Evtimov, che è tornato nella Lega A con una prestazione mostruosa. Malgrado avesse davanti Kebu Stewart, il centrone franco-bulgaro ha subito stampato una doppia cifra memorabile (16 punti+11 rimbalzi per 27 di valutazione) e tutto questo infonde grande fiducia anche per il futuro. Dall’alto, i meriti maggiori vanno attribuiti al presidente Enzo Sindoni e al coach Giovanni Perdichizzi: il primo ha dato fiducia al suo tecnico nei momenti bui capendo che Dusan Jelic (messo fuori rosa) poteva essere il “problema” di questa squadra nello spogliatoio, il secondo ha saputo galvanizzare e responsabilizzare i suoi giocatori oltre a mettere in mostra una pallacanestro con grande difesa e contropiede. «Abbiamo giocato con grande sicurezza e scioltezza – dice Perdichizzi – eseguendo bene i nostri schemi e trovando con Evtimov i blocchi per liberare i nostri tiratori come evidenziano le nostre percentuali finali (65% da due, 73% da tre, ndc). Sono soddisfatto della prestazione fornita dai miei giocatori e dal rendimento del quintetto iniziale».
– Perry sembra un altro giocatore; e come hai visto Evtimov all’esordio? «Perry da Livorno ha confermato di essere quello che volevamo, Evtimov ha esordito alla grande pur non essendo ancora con la massima autonomia; ma anche Praskevicius ha giocato bene, limitando Stewart e colpendo dall’arco quando Evtimov rifiatava». – Dopo le fasi di studio del primo quarto siete andati subito via senza essere ripresi come altre volte. La “zone-press” del secondo quarto è stata determinante ed il 14-0 di parziale che abbiamo inflitto a Cantù ci ha permesso di prendere un vantaggio che siamo stati bravi a legittimare». La corsa verso la salvezza è più tranquilla? «Vincere due volte di fila fuori casa e su campi come Livorno e Cantù in questo campionato non è facile per nessuno. Chiaramente vincere fa bene, ma non abbiamo ancora raggiunto la nostra meta e dobbiamo sempre lavorare per arrivarci».
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