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da L'Espresso - giovedì 22 giugno 2006 at 20:38
Arroganza nazionale

di Marco Lillo
La moglie, il fratello, la cognata e il segretario di Gianfranco Fini. Tutti nel business della sanità. Finché non scoppia una lite per soldi e palazzi.

Nella hit parade delle intercettazioni celebri sta per balzare in testa alla classifica Daniela Di Sotto. Al confronto il ritornello sui "furbetti del quartierino" del vecchio Ricucci impallidisce. La moglie di Gianfranco Fini incide il suo hit sul nastro della Polizia di Potenza alle ore 20 del 19 aprile 2005: «Io sono andata a sbattermi il culo con Storace». Scioccato da tanta schiettezza, il pm Henry John Woodcock ha piazzato su questa frase un omissis. "L'espresso" invece la pubblica integralmente perché è significativa per capire gli affari di rilevanza pubblica di cui parlano al telefono Daniela Fini e il segretario di suo marito Francesco Proietti, detto Checchino, oggi deputato.

A differenza delle altre nove volte nelle quali la moglie e il braccio destro dell'ex vicepremier ricorrono alla stessa parola nel corso della telefonata, qui non c'è omissis che tenga. Lo "sbattimento" di Daniela con Storace ha prodotto una convenzione per la clinica della famiglia Fini. Secondo il pubblico ministero Henry John Woodcock: «Francesco Proietti e Daniela Di Sotto (nome da nubile della signora Fini, ndr) fanno esplicitamente cenno all'interessamento profuso dalla Daniela Di Sotto presso Francesco Storace - all'epoca dei fatti presidente della Regione Lazio - affinché la clinica Panigea operasse in regime di convenzione l'esecuzione di esami clinici (Tac e risonanza magnetica) particolarmente costosi». Attenzione ai tempi: la richiesta di convenzione della Panigea porta la data dell'11 febbraio, il parere favorevole della Asl è del 14, la delibera della giunta (che due mesi dopo andrà a casa) è del 18, alla faccia della burocrazia regionale.

La telefonata intercettata è dell'aprile 2005. Daniela Fini e Proietti dovrebbero brindare per i futuri incassi e invece sono infuriati perché a beneficiare della convenzione prodotta dallo "sbattimento" non saranno loro due ma il loro socio di maggioranza. Si chiama Patrizia Pescatori e non è un socio qualunque: è la cognata di Gianfranco Fini. Patrizia Pescatori ha sposato Massimo Fini, un dottore che lavora dal 1986 per la Tosinvest di Giampaolo Angelucci (il re delle cliniche finito ai domiciliari in un'altra indagine dei pm di Bari lunedì scorso). Massimo Fini è il direttore sanitario dell'Istituto San Raffaele, la struttura più importante del gruppo Tosinvest che ha ceduto alla fine degli anni Novanta a sua moglie il centro Panigea, mantenendovi una piccola quota simbolica. La società che gestisce il Panigea (Poliambulatorio Cave Srl) fatturava nel 2004, già prima di avere l'accreditamento, ben 2 milioni e 300 mila euro all'anno. Più piccola invece la seconda struttura della premiata ditta Daniela&Checchino: la Emmerre 3000 srl. Si tratta di un centro fisioterapico che ha visto esplodere il suo fatturato dai 30 mila euro del 2002 ai 540 mila del 2004. Anche in questo caso l'accreditamento è arrivato grazie alla giunta Storace. Il centro infatti lo aveva perso a causa del crack della società che ne era titolare. La Asl Roma C ha però espresso parere favorevole al trasferimento dell'accreditamento dalla fallita alla società dei Fini (MR 3000 Srl) il 14 marzo 2003.


Nonostante gli affari vadano a gonfie vele per entrambe le società, le cognate litigano e vogliono separare le loro strade. I magistrati di Potenza descrivono così la situazione: «Socio di maggioranza del poliambulatorio Panigea è Patrizia Pescatori, la quale, al fine di acquisire l'intero controllo della struttura, propone di scambiare la quota da lei posseduta in Emmerre con le quote possedute da Daniela Fini e da Francesco Proietti in Panigea». Daniela e Checchino vogliono liberarsi della cognata ma «non intendono dismettere le loro quote in Panigea, investimento che ritengono particolarmente vantaggioso. Dal 2003, pur non comparendo ufficialmente quali soci, Proietti e Daniela Fini avrebbero investito in Panigea 100 mila euro pro capite, quota il cui valore sarebbe destinato a rivalutarsi nel tempo, proprio grazie al volume d'affari generato dalle prestazioni sanitarie effettuate in regime di convenzione». A mettere zizzania tra i due rami dei Fini è proprio la convenzione. Daniela si rammarica di avere faticato tanto per portare quattrini a una società nella quale è in maggioranza la cognata: «Lo sai qual è stato il nostro errore? Quando sono andata a sbattermi con Storace bisognava fare un'altra società a cui intestare le convenzioni della risonanza e della Tac». Che fare? Vendere no. «E che, ora che diventa il pozzo di San Patrizio te la do? 'A bella...!», dice Daniela parlando della cognata.
A complicare ulteriormente le cose, secondo i pm di Potenza, arriva «un nuovo vantaggioso affare di cui Proietti è stato l'abile e occulto regista, ovvero l'acquisto, ad un'asta giudiziale, della struttura in cui è ubicata la Emmerre». Il prezzo basso per il valore effettivo dello stabile (un milione e 150 mila euro) è stato sostenuto con un mutuo da Daniela e Checchino che ora non vogliono assolutamente spartirlo con la cognata. Insomma il classico intreccio di soldi e parenti nel quale chiunque metta il dito rischia di farsi male. Saggiamente Gianfranco Fini se ne tiene alla larga. Per il pm Woodcock il leader di An è all'oscuro di tutto. Comunque in un'intercettazione Daniela dice a proposito della questione dell'immobile: «Gli ho fatto vedere il foglio a Gianfranco. Dico: "Io ho tirato fuori 'sti soldi, e a te non t'ho chiesto niente. Perché tu mi hai detto "non mi mettete più in mezzo". Ok. Però tu sappi che se tiri fuori mille lire per tuo fratello, andiamo a litigare io e te. Secondo poi, mi sono rotta il cazzo che la gente c'ha le cose quando pagano gli altri». Il culmine della tensione si tocca quando l'amministratore della Panigea, Marco Bertucci, convoca l'assemblea con la cognata senza avvertire Daniela che si infuria: «Gli ho detto: Marco, tu vai a rubare a casa dei ladri. Ricordati che l'unica università che ho conosciuto io a differenza di te, è quella della strada, hai capito?». Proietti con involontaria ma esilarante ironia corregge: «Quella del marciapiede». Lei presa dal discorso conferma sempre più arrabbiata: «Esatto. Io ho conosciuto quella di università e con quella io ti spacco il culo!».

Anche le nuove leve fanno la loro apparizione. La figlia di Gianfranco Fini sponsorizza l'amico del cuore. Mamma Daniela prima pensa a farlo assumere come portantino da Giampaolo (probabilmente Angelucci) poi Francesco Proietti tira fuori dal cilindro una soluzione: «Alle Poste. Lo posso fa piglia' subito tre mesi per tre mesi con la società interinale e poi lo faccio assumere direttamente». Ma il ragazzo inspiegabilmente rifiuta. Checchino lo chiama sorpreso: «M'ha chiamato Susan, la segretaria dell'amministratore delle Poste, Massimo Sarmi. Mi ha detto che ti hanno chiamato e tu gli hai detto che avevi un altro lavoro, è vero?». «Mica le Poste», risponde l'amico della figlia di Fini, «un'agenzia di lavoro interinale, Obiettivo Lavoro, mi ha chiamato. E io gli ho detto no che sto aspettando una chiamata per lavoro a tempo indeterminato». Il ragazzo è poco sveglio o fa il difficile. Comunque Proietti non si dà per vinto: «Richiamo per andare a parlare con l'amministratore delegato».

Per i magistrati di Potenza «non v'è dubbio che le vicende in esame, sia per ciò che riguarda la convenzione con la Regione Lazio, sia per ciò che riguarda più specificamente i rapporti societari tra Proietti e Daniela Fini, i loro prestanomi e gli altri soggetti interessati alle società impongono un particolare ulteriore approfondimento investigativo». E chissà che non si muova anche l'Antitrust. La legge sul conflitto di interessi imponeva a Daniela Fini di dichiarare le sue società per vigilare sul conflitto di interessi con il marito. A "L'espresso", risulta che abbia dichiarato solo la Davir Srl, società che ha comprato tra maggio e giugno le quote di Panigea (10 per cento) e Emmerre (44 per cento). Eppure Daniela Fini si sentiva padrona ben prima. All'amministratore che non la considerava socia di Panigea replicava: «Che cazzo vuol dire che io non ho le quote? Oh! Non ce le ho intestate, che è differente. Non è che non ce l'ho».

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