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PERCORSO VERSO IL NOSTRO IO
14/01/2004 , 14.01.03 av Adelasia Lo Sardo
Studio di consulenza pedagogica, progettazione e formazione
Dott.ssa Adelasia C. Lo Sardo
“Esperto nei processi formativi – Specializzato in Bioetica e sessuologia”
via Felci,12
98070 Mirto (Me)
tel. 0941919733 - 3381740872
P.IVA : 02685720837
c.c.p. : 12507927





Lo scopo di questo “Percorso verso il nostro Io” è quello di riflettere sulle proprie emozioni, sul voler essere ciò che si è, sul proprio volere essere agli occhi degli altri.
L’obiettivo fondamentale della vita, di ogni esistenza, è raggiungere il benessere fisico, psichico e relazionale. Nel momento in cui tale obiettivo si raggiunge, o comunque ci si avvicina, l’individuo può sentirsi realizzato….perchè trovare la propria dimensione significa aver lottato contro se stessi, contro i propri limiti, contro le proprie paure, contro i sensi di colpa, contro “l’auto-aggressività”.
Quando un bambino riesce a completare un puzzle o un gioco è felice per aver raggiunto un obiettivo, si sente soddisfatto, si sente gratificato, sorride a se stesso……ma quando non ci riesce…tira tutto in aria, diventa aggressivo, si sente un incapace, dà la colpa agli altri.
Non accade solo quando si è piccoli; anche da grandi quando si fallisce in qualcosa, ci si sente inutili, si pensa che gli altri ci stiano contro, che ci vogliono male.
L’individuo che non sta bene con se stesso, che non si rispetta, che non ha trovato la propria dimensione, non riesce a relazionarsi agli altri, gioca su un terreno minato, per proprio volere, vede nell’Altro il nemico, colui che vorrebbe distruggerlo, colui che lo vuole portare al fallimento.
L’uomo pretende da se stesso la perfezione……se sbagliare è umano, non sempre l’uomo ammette ed accetta i propri errori….
Cosa bisogna fare? Perché non educarsi al rispetto del Sé? Si pensa tanto ad acquisire nozioni, titoli accademici, si pensa ad occupare un posto di rilievo nella propria professione, di essere il “primo”, il “migliore”, ma si lascia da parte una cosa fondamentale e cioè l’educazione al rispetto del Sé.
Se non si sta bene con se stessi non è facile instaurare un buon rapporto con gli altri, ed è proprio attraverso la consapevolezza del Sé e dell’Altro che si può sperare ad una vita di qualità.
Da queste considerazioni nasce l’idea di organizzare degli incontri-confronto, in cui il gruppo può riscoprire la via per ritrovarsi.
Lo studio di Consulenza pedagogica, formazione e progettazione offre, a chi ne volesse far parte, un percorso di ricerca del Sé, così strutturato:
n. 6 incontri di 2 ore ciascuno;
costo: € 60
Totale partecipanti: min. 8 (max 12)
Luogo (Capo d’Orlando-Rocca-Sant’Agata M.llo) e data degli incontri da definire.
Per ulteriori informazioni telefonare alla dott.ssa Adelasia C. Lo Sardo al n. 0941919733 (ore serali) oppure 3381740872


Le carezze
31/12/2003 , 13.47.27 av Adelasia Lo Sardo
Questa favola è molto intensa. A me piace molto, mi fa riflettere, mi riscalda.
Il perché lo scoprirete leggendola.



C'era una volta un luogo, molto, molto, molto tempo fa, dove vivevano delle persone felici. Fra queste persone felici ce n'erano due che si chiamavano Luca e Vera. Luca e Vera vivevano con i loro due figli Elisa e Marco.

Per poter comprendere quanto erano felici, dobbiamo spiegare come erano solite andare le cose in quel tempo e in quel luogo.
Vedete, in quei giorni felici, quando un bimbo nasceva trovava nella sua culla, posto vicino a dove appoggiava il suo pancino, un piccolo, soffice e caldo sacchetto morbido. E, quando il bambino infilava la sua manina nel sacchetto, poteva sempre estrarne un… "caldomorbido".
I caldomorbidi in quel tempo erano abbondantissimi e molto richiesti perché, in qualunque momento una persona ne sentisse il bisogno, poteva prenderne uno e subito si sentiva calda e morbida a lungo.

Se, per qualche motivo, la gente non avesse ricevuto con una certa regolarità dei caldomorbidi, avrebbe corso il rischio di contrarre una strana e rara malattia. Era una malattia che partiva dalla spina dorsale e che lentamente portava la persona ad incurvarsi, ad appassire e poi a morirne.
In quei giorni era molto facile procurarsi i caldomorbidi: se qualcuno li chiedeva, trovava sempre qualcun altro che li dava volentieri. Quando uno, cercando nel suo sacchetto, tirava fuori un caldomorbido, questo aveva la dimensione di un piccolo pugno di bambina ed un colore caldo e tenero. E subito, vedendo la luce del giorno, questo sorrideva e sbocciava in un grande e vellutato caldomorbido.
E quando era posto sulla spalla di una persona, o sulla testa, o sul petto, e veniva accarezzato, piano piano si scioglieva, entrava nella pelle e subito la persona si sentiva bene e per lungo tempo.


La gente a quel tempo si frequentava molto e si scambiava reciprocamente caldomorbidi. Naturalmente questi erano sempre gratis ed averne a sufficienza non era mai un problema.
Come dicevamo poc'anzi, con tutta questa abbondanza di caldomorbidi, in questo paese tutti erano felici e contenti, caldi e morbidi per la gran parte del tempo.
Ma, un brutto giorno, una strega cattiva che viveva da quelle parti si arrabbiò, perché, essendo tutti così felici e contenti, nessuno comprava le sue pozioni e i suoi unguenti.
La strega, che era molto intelligente, studiò un piano diabolico.
Una bella mattina di primavera, mentre Vera giocava serena in un prato con i bambini, avvicinò Luca e gli sussurrò all'orecchio:
"Guarda Luca, guarda Vera come sta sprecando tutti i caldomorbidi che ha, dandoli a Elisa. Sai, se Elisa se li prende tutti, può darsi che, a lungo andare, non ne rimangano più per te".
Luca rimase a lungo soprappensiero. Poi si voltò verso la strega e disse: "Intendi dire che può succedere di non trovare più caldomorbidi nel nostro sacchetto tutte le volte che li cercheremo?".
E la strega rispose: "Proprio così. Quando saranno finiti, saranno finiti. E non ne avrete assolutamente più".
Detto questo volò via, sghignazzando fra sé.


Luca fu molto colpito da quanto aveva detto la strega e da quel momento cominciò ad osservare e a ricordare tutti i momenti in cui Vera dava caldomorbidi a qualcun altro.
Di lì in poi divenne timoroso e turbato, perché gli piacevano i caldomorbidi di Vera e non voleva proprio rimanere senza. E pensava pure che Vera non facesse una cosa buona a dare tutti quei caldomorbidi ai bambini e alle altre persone.
Cosi cominciò ad intristirsi tutte le volte che vedeva Vera elargire un caldomorbido a qualcun altro. E poiché Vera gli voleva molto bene, essa smise dì offrire così spesso caldomorbidi agli altri, riservandoli invece per lui.
I bambini, vedendo questo, cominciarono naturalmente a pensare che fosse una cattiva cosa dar via caldomorbidi a chiunque e in qualsiasi momento venissero richiesti o si desiderasse farlo e, piano piano, senza quasi nemmeno accorgersene, diventarono sempre più timorosi di perdere qualcosa.
Così anch'essi divennero più esigenti. Tennero d'occhio i loro genitori e, quando vedevano che uno di loro donava un caldomorbido all'altro, anche loro impararono a intristirsi. Anche i loro genitori se ne scambiavano sempre di meno e di nascosto, perché così pensavano che non li avrebbero fatti soffrire.
Sappiamo bene come sono contagiosi i timori. Infatti, ben presto queste paure si sparsero in tutto il paese e sempre meno si scambiarono caldomorbidi.
Nonostante ciò le persone potevano comunque sempre trovare un caldomorbido nel loro sacchetto tutte le volte che lo cercavano, ma essi cominciarono a estrarne sempre meno, diventando nel contempo sempre più avari.
Presto la gente cominciò a sentire mancanza di caldomorbidi e, di conseguenza, a sentire meno caldo e meno morbido. Poi qualcuno di loro cominciò ad incurvarsi e ad appassire e talvolta persino a morire. Quella malattia, dovuta alla mancanza dì caldomorbidi, che prima della venuta della strega era molto rara, ora colpiva sempre più spesso.


E sempre di più la gente andava ora dalla strega per comprare pozioni e unguenti, ma, nonostante ciò, non aveva l'aria di star meglio.
Orbene, la situazione stava diventando di giorno in giorno più seria. A pensarci bene la strega cattiva in realtà non desiderava che la gente morisse (infatti pare che i morti non comprino balsami e pozioni), così cominciò a studiare un nuovo piano. Fece distribuire gratuitamente a ciascuno un sacchetto in tutto simile a quello dei caldomorbidi, ma questo era freddo mentre l'altro era caldo. Dentro il sacchetto della strega infatti c'erano i "freddoruvidi". Questi freddoruvidi non facevano sentire la gente calda e morbida ma fredda e scontrosa. Comunque fosse, i freddoruvidi un effetto ce l'avevano: impedivano infatti che la schiena della gente si incurvasse più di tanto e, anche se sgradevoli, servivano a tenere in vita gli abitanti di quel paese che una volta era stato felice.
Così tutte le volte che qualcuno diceva: "Desidero un caldomorbido", la gente, arrabbiata e spaventata per il loro rarefarsi, rispondeva: "Non ti posso dare un caldomorbido, vuoi un freddoruvido?".
E, a volte, capitava persino che due persone a passeggio insieme pensavano che avrebbero potuto scambiarsi dei caldomorbidi, ma una o l'altra delle due, aspettando che fosse l'altra ad offrirglielo, finiva poi per cambiare idea, e si scambiavano dei freddoruvidi.
Stando così le cose, ormai sempre meno gente moriva di quella malattia, ma un sacco di persone erano sempre infelici e sentivano molto freddo e molto ruvido.
E' inutile dire che questo fu un periodo d'oro per gli affari della strega.


La situazione peggiorava ogni giorno. I caldomorbidi, che una volta erano disponibili come l'aria, divennero merce di grande valore e questo fece sì che la gente fosse disposta ad ogni sorta di cose pur di averne. In certi casi i caldomorbidi venivano estorti con l'inganno, in altri con violenza e, quando ciò avveniva, succedeva una cosa strana: questi non sorridevano più, sbocciavano poco e diventavano scuri.
Prima che la strega facesse la sua apparizione la gente era solita trovarsi in gruppi di tre o di quattro o anche di cinque persone senza minimamente preoccuparsi di chi fosse a dare i caldomorbidi. Dopo la venuta della strega la gente cominciò a tenere per sé tutti i propri caldomorbidi, e a darli al massimo ad un'altra persona. Qualche volta succedeva che quelli che davano a persone esterne dei caldomorbidi si sentivano in colpa perché pensavano che il proprio partner molto probabilmente ne sarebbe stato dispiaciuto e geloso. E quelli che non avevano trovato un partner sufficientemente generoso andavano a comprare i loro caldomorbidi e questo gli costava molte ore di lavoro per racimolare il denaro.
Un altro fatto sorprendente ancora succedeva. Alcune persone prendevano i freddoruvidi, che si trovavano facilmente e gratuitamente, li camuffavano ad arte con un'apparenza piacevole e morbida e li spacciavano per caldomorbidi. Questi caldomorbidi contraffatti venivano chiamati caldomorbidi di plastica e finirono per procurare guai ulteriori.
Per esempio, quando due persone si volevano scambiare reciprocamente dei caldomorbidi pensavano, è ovvio, che si sarebbero sentiti bene, ma, in realtà, nulla cambiava e continuavano a sentirsi come prima e forse anche un pochino peggio. Ma, poiché pensavano in buona fede di essersi scambiati dei caldomorbidi genuini, rimanevano molto confusi e disorientati, non comprendendo che il loro freddo e le loro sensazioni sgradevoli erano in realtà il risultato dell'essersi scambiati caldomorbidi di plastica.
Così la situazione si aggravava di giorno in giorno.


I caldomorbidi erano sempre più rari e, a volte, anche guardati con sospetto, perché si confondevano con quelli di plastica, contraffatti. I freddoruvidi erano abbondanti e sgradevoli e tutti pareva volessero regalarli agli altri. C'era molta tristezza, paura e diffidenza e tutto questo era iniziato con la venuta della strega, che aveva convinto le persone che, a forza di scambiarsi caldomorbidi, un giorno non lontano avrebbe avuto la sorpresa di scoprire che erano finiti.
Passò ancora del tempo e, un giorno, una donna florida e graziosa, nata sotto il segno dell'Acquario, giunse in quel paese sfortunato, portando il suo sorriso limpido e cordiale.
Non aveva mai sentito parlare della strega cattiva e non nutriva alcun timore che i suoi caldomorbidi finissero. Li dava liberamente, anche quando non erano richiesti. Molti la disapprovavano perché pensavano che fosse sconveniente per i bambini vedere queste cose e temevano per la loro educazione
Ma essa ai bambini piacque molto, tanto che la circondavano in ogni momento. E anche loro cominciarono a provare gusto nel dare agli altri caldomorbidi quando gliene veniva voglia. I benpensanti corsero ben presto ai ripari facendo approvare una legge per proteggere i bambini da un uso spregiudicato di caldomorbidi. Secondo questa legge era un crimine punibile dare caldomorbidi ad altri che non alle persone per cui si avesse avuto una licenza. E, per maggiore garanzia, queste licenze di darsi caldomorbidi si potevano avere per una sola persona e spesso duravano tutta la vita.
Molti bambini comunque fecero finta di non conoscere la legge e, in barba a questa, continuarono a dare ad altri caldomorbidi quando ne avevano voglia o quando qualcuno glieli chiedeva. E, poiché c'erano molti, molti bambini - così tanti forse quanto i benpensanti - cominciò ad apparire chiaro che la cosa era molto difficile da contenere.


A questo punto sarebbe interessante sapere come andò a finire. Riuscì la forza della legge e dell'ordine a fermare i bambini? Oppure furono invece i benpensanti a scendere a patti? E Luca e Vera, ricordando i giorni felici dove non c'era limite di caldomorbidi, ricominciarono a donarli ancora liberamente?
La ribellione serpeggiava ovunque nel paese e probabilmente toccò anche il luogo dove vivete. Se voi volete (e io sono sicuro che voi lo volete), potete unirvi a loro a offrire e a chiedere caldomorbidi e, in questo modo, diventare autonomi e sani senza più il rischio che la vostra schiena si ripieghi per la sofferenza e rischi di raggrinzirsi.


Claude Steiner, 1969

L'educazione ambientale
30/12/2003 , 14.17.24 av Adelasia Lo Sardo
EDUCAZIONE AMBIENTALE E BIOETICA

Il fine di una buona educazione ambientale dovrebbe essere quella di imprimere nell’individuo una “mentalità ecologica” che metta in relazione il pensiero, l’azione, l’emozione.
L’educazione ambientale è diventata, oggi, un problema bioetico o più precisamente di “bio-etica ambientale” che vede l’uomo in due posizioni distinte: distinto dalla natura e quindi “dominatore”, oppure solo un “aspetto” del mondo visto nella sua totalità.
L’una o l’altra visione dell’uomo ci portano a degli interrogativi sulla legittimità di alcune azioni nei confronti della natura e dei suoi ecosistemi.
Prima che il progresso prendesse il sopravvento l’uomo era intimorito dalla natura, che sconosceva e che continuamente dava prova d’imprevedibilità. Adesso le cose si sono ribaltate. E’ la natura che deve temere l’uomo, che con la sua “conoscenza”, spesse volte invasiva, la modifica secondo necessità (il più delle volte illimitata).
Se l’uomo è dominatore della terra, la sperimentazione sugli animali e sull’ambiente è da considerarsi “cosa buona” ? Quali sono i limiti della sperimentazione ? Che cosa significa “senzienza” dell’animale? Esiste una legge che tuteli l’ambiente ma che allo stesso tempo dia spazio alla sperimentazione che conduce verso sistemi di vita più organizzati e complessi? Quando è il momento più idoneo per essere educati all’ambiente? E’ compito della scuola o della famiglia? E la natura va solo osservata o va “vista” (con i sensi)?
Questi interrogativi vorrebbero essere l’input per una riflessione sull’importanza di una “cultura ambientale” con non deve essere nozionistica ma vissuta.


BUON NATALE - PERLA DI SAGGEZZA
24/12/2003 , 15.04.28 av Adelasia Lo Sardo
CERCA DI ESSERE FELICE
Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta, e ricorda quanta pace
può esserci nel silenzio. Finché è possibile senza doverti abbassare, sii
in buoni rapporti con tutte le persone. Dì la verità con calma e
chiarezza, ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti: anche loro hanno
una storia da raccontare. Evita le persone volgari ed aggressive; esse
opprimono lo spirito. Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere
in te orgoglio e acredine, perché sempre ci saranno persone più in basso o
più in alto di te. Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti.
Conserva l'interesse per il tuo lavoro, per quanto umile; è ciò che realmente
possiedi per cambiare le sorti del tempo. Sii prudente nei tuoi affari, perché
il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò non accechi la tua capacità di distinguere
la virtù; molte persone lottano per grandi ideali, e dovunque la vita è piena
di eroismo. Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti e neppure sii
cinico riguardo all'amore; poiché a dispetto di tutte le aridità e disillusioni
esso è perenne come l'erba. Accetta benevolmente gli ammaestramenti che
derivano dall'età, lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza.
Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l'improvvisa sfortuna. Ma
non tormentarti con l'immaginazione. Molte paure nascono dalla stanchezza
e dalla solitudine. Al di là di una disciplina morale, sii tranquillo con te
stesso. Tu sei figlio dell'universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai
diritto a essere qui. E che ti sia chiaro o no, non vi è dubbio che l'universo ti
si stia schiudendo come dovrebbe. Perciò sii in pace con Dio, comunque tu lo
concepisca, e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni, conserva la
pace con la tua anima pur nella rumorosa confusione della vita. Con tutti i
suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti, è ancora un momento
stupendo. Fai attenzione. Cerca di essere felice.
Trovata nell'antica chiesa di S. Paolo - Baltimora: datata 1692

La vita
19/12/2003 , 13.49.07 av Adelasia Lo Sardo
UN DONO INDISPONIBILE: LA VITA

Anche se la vita è nelle mani dell’uomo, questi non ne può disporre.
Nessuno può arrogarsi il diritto di togliere la vita, perché è un DONO INDISPONIBILE.
L’uomo dinanzi al mistero della vita deve mettersi in “religioso” ascolto.
La vita, nella Sacra Scrittura, è dono di Dio, che soffia alito di vita. Compito dell’uomo è di custodirla.
La vita non appartiene all’uomo, ma è l’uomo che appartiene alla vita. La vita stessa è Dio. Un Dio creatore di un bene supremo.
Ma all’uomo non basta avere questo bene prezioso; vuole ciò che Dio vieta e che nel racconto biblico è la mela, ma che nella realtà umana potrebbe riferirsi al segreto della creazione.
L’uomo con la sua sete di conoscenza vorrebbe svelare i segreti di quel Dio buono e fiducioso.
Ma la sua conoscenza ha un limite.
L’uomo non può conoscere tutto, perché la sua stessa conoscenza lo distrugge, perché non è capace di ponderare il bene ed il male, perché la stessa Natura, di cui ne fa parte come essere pensante, si rivolta contro.
Se ci guardiamo attorno vediamo un mondo distrutto dall’agire umano e questo a dimostrazione dell’inconsapevolezza umana.
L’uomo non può sostituirsi a Dio.
In questi ultimi anni è diventato di moda per molti sperimentatori “clonare”. Ma il clone non è un essere umano, perché “l’uomo-creatore” non possiede quell’alito di vita che solo Dio ha. Il clone sarebbe un uomo artificiale, non con una propria identità, non sarebbe che una copia di un’altra identità, come un’immagine riflessa.
Ed ancora la FIVET, e le sperimentazioni sugli embrioni umani.
Ma dove arriverà l’uomo?
Come può arrogarsi il diritto di decidere della vita di un essere tanto piccolo ed immaturo, quanto “vitale”. Perché anche un embrione è vita.
Nella Sacra Scrittura, o meglio nel Vecchio Testamento, il percorso dell’uomo nel grembo materno è un mistero. Ma alla sua nascita il neonato e poi il bambino non sono visti come parte attiva della società. Ma ugualmente va difeso, perché un essere vivente.
E’ nel Nuovo Testamento che il bambino assume una particolare importanza. Il Natale che i cristiani festeggiano il 25 dicembre è la testimonianza del Dio fatto Uomo.
E perché Dio ha scelto proprio un bambino?
Per la sua spontaneità, immediatezza e semplicità, perché le sue reazioni sono di “ribellione” e non di giustificazione. L’adulto perde la propria spontaneità perché avverte e ne fa propri i condizionamenti interni ed esterni.
IL BAMBINO VA DIFESO DAI CONDIZIONAMENTI ESTERNI, o meglio VA DIFESO.
Un bambino è il bene più grande. Nessuno può rubargli la semplicità e spontaneità.
L’infanzia di Gesù deve essere per noi l’esempio che SI PUO’ IMPARARE DA UN BAMBINO.
Perché un bambino vede la realtà così com’è e ce ne da testimonianza.
Voglio concludere questa breve considerazione con un interrogativo:
NON SAREBBE BELLO CHE L’UOMO RITORNASSE BAMBINO? NON TROVEREBBE, FORSE, LE RISPOSTE A MOLTI EVENTI CHE SI STANNO VERIFICANDO?


Il mestiere dell'insegnante
18/12/2003 , 14.48.58 av Adelasia Lo Sardo
Le riflessioni della dott.ssa Adelasia Lo Sardo
I nostri figli, quelli che amiamo, “educhiamo”, “compriamo” con ogni capriccio loro chiedano. I nostri figli “vittime” di una società diseducante, che difendi da ogni pericolo, escono di casa, si svestono dalle loro vesti di “bravi ragazzi” e si “agghindano” di arroganza, aria di sfida, violenza.

Ma lo sapete che il mestiere dell’insegnante è diventato in questi ultimi anni tra i più rischiosi? Strano, ma vero!
Infatti, si sono capovolti i ruoli e non è più l’insegnante a castigare l’alunno ma l’alunno a picchiare o schiaffeggiare l’insegnante.
Qual è il problema? L’insegnante poteva anche evitare di rimproverarlo! Questi ragazzi sono continuamente aggrediti da questi insegnanti stressati, che hanno problemi, sono intolleranti, stanchi e non sanno fare più il loro lavoro!
Scusate l’ironia, ma non posso evitarla, perché da educatrice mi rendo conto quanto siano cambiate le cose negli ultimi anni, e quanto la scuola e la famiglia ne stiano soffrendo.
Nelle scuole si verificano continuamente di questi eventi, i ragazzi sfidano gli insegnanti, li minacciano, promettono loro atti intimidatori, li trattano con indifferenza, chiedono loro di lasciarli stare e di “togliere la loro brutta faccia dalla loro vista”. Non è una realtà assai lontana dalla nostra. Chi pensa che i nostri Paesi, e le nostre scuole, siano i paesi delle fate è assai lontano dalla realtà. I nostri figli, quelli che amiamo, “educhiamo”, “compriamo” con ogni capriccio loro chiedano, i nostri figli “vittime” di una società diseducante, che difendi da ogni pericolo, escono di casa, si svestono dalle loro vesti di “bravi ragazzi” e si “agghindano” di arroganza, aria di sfida, violenza, diventa oggetto di discussione degli adulti, dei legislatori, arricchiscono i quotidiani di “notizia”, “cronaca di una vita spezzata”. Non vorrei inasprire il racconto di una bella gioventù, ma non ho scelta. Quando chiedo ad un giovane se è felice, cosa pensa della propria vita, spesse volte mi si raggela il sangue ascoltando le loro frasi fatte. La vita? Di che vita parli? La nostra non è vita, è un sopravvivere al tempo ed alle stagioni.
E poi mi chiedo, quante volte un genitore apre la porta della loro stanza e con Amore, di quell’Amore che non “giudica”, che non chiede, che è “dare”, si mette in ascolto?
E l’insegnante? Quante volte si spoglia della cultura nozionistica e si veste di vita, di quotidianità, di quelle “banalità” che riempiono la vita di un giovane in crescita? Fare il genitore è assai difficile, ed anche fare l’insegnante. E non per i pericoli ai quali si è soggetti, ma………lascio a voi immaginare…….
Adelasia C. Lo Sardo

L’era di Internet
18/12/2003 , 14.45.02 av Adelasia Lo sardo

L’era di Internet, l’era del tutto e del niente, l’era che ti dà e che ti toglie, l’era che promette tempi ancora migliori, ma che soffoca ogni tua creatività, che ti toglie anche quei pochi sogni che ti sono rimasti.

In quest’epoca di computer, internet, tecnologie sempre più avanzate, spesso quello che è il semplice contatto umano non ha più importanza. E’ come se ci si trovasse su una navicella spaziale, e per chiedere un’informazione o, anche, per comunicare con gli altri occorra mettersi quelle cuffie super attrezzate con elettrodi di ogni forma. Questo mi fa assai paura! Questo mio scrivere forse è un po’ fantasioso, ma non ricordo più il tempo in cui sognavo “montagne verdi e le corse di una bambina”.
Anche se è passata già qualche settimana dall’orripilante racconto del cannibale di Rotenburg non posso fare a meno di ripensarci ogni qual volta accendo il mio ormai “compagno” di lavoro personal computer. E ripenso sempre alla frase scritta sulla Gazzetta del sud del 9 dicembre del 2003, “ L’ingegnere di Berlino aveva risposto a un annuncio su Internet in cui l’imputato diceva di cercare persone disposte a farsi macellare e mangiare”. Frase assai colorita, ma anche raggelante!
Internet. Strumento di comunicazione ormai all’avanguardia. Ti permettere di essere a casa tua e tenere una conferenza davanti a centinaia di persone che vivono in un altro continente. Puoi anche pagare la bolletta senza che tu vada alla posta. Puoi girare per le biblioteche di tutto il mondo, scaricare musica, leggerti il quotidiano…….puoi trovarci l’amore……puoi trovarci il “piacere”…..puoi trovarci la morte.
E quando penso al commercio di bambini, ai siti pedofili, alle sette religiose che cercano “agnelli” da sacrificare a chissà quale dio…..avrei preferito vivere nel tempo in cui per andare a scuola occorreva farsi chilometri sotto la pioggia, o per andare in città occorreva viaggiare per giorni.
Non ho conosciuto quei tempi, sono troppo giovane. Ma conosco il tempo in cui vivo e certo non è poi così moderno per come si lascia credere.
I nostri figli hanno tutto, la loro stanza, il loro computer, un telefono per le connessioni, enciclopedie multimediali, etc., chiedono ed ottengono, tutto è dovuto, altrimenti rischi di essere denunciato per maltrattamento. Manca quello che, però, ti fa crescere sano, ti fa sopravvivere, ti fa anche accettare le angustie di una vita povera, senza quel “tutto” che i “più” hanno.
Ed è l’Amore, il contatto fisico, le carezze.
L’era di Internet, l’era del tutto e del niente, l’era che ti dà e che ti toglie, l’era che promette tempi ancora migliori, ma che soffoca ogni tua creatività, che ti toglie anche quei pochi sogni che ti sono rimasti. (Adelasia C. Lo Sardo)

 

 

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